Meglio di così, BoJo non poteva sperare che andasse: 359 seggi su 650, contro i 202 dei Laburisti di Jeremy Corbin. Se questo doveva essere un secondo referendum sulla Brexit, la Gran Bretagna ha dimostrato in modo compatto di voler uscire dall’Europa, esattamente quello che per tre anni e mezzo il resto dei concittadini dell’Unione aveva sperato non accadesse. E a parte il giusto trionfalismo di Johnson, che incassa a nome dei Tories la più schiacciante vittoria dai tempi di Margaret Tatcher , e la testa bassa di Corbyn, che commentando la debacle dei Laburisti annuncia un passo indietro, a questo punto saranno gli scenari europei a cambiare per sempre.
Il primo commento da Bruxelles è lapidario: “Ora è tutto più chiaro, siamo pronti all’addio di Londra”, anche se poi aggiungono che la stagione degli sconti è finita da un pezzo. Ma sarà comunque Brexit, così come promesso da BoJo, che rafforzato nella mente e nel corpo annuncia potrebbe arrivare sotto l’albero ancora prima di Natale. Un’accelerazione che suona come una liberazione per tutti, dopo un pantano in cui il Regno Unito si era infilato con il referendum del 2016: gli inglesi non ne potevano più, e la sensazione è che in molti si siano turati il naso pur di uscirne, in qualche modo.
Sul fronte interno i problemi non sono finiti: restano aperte ferite difficili da sanare come la questione Irlanda e Scozia, fin dall’inizio intenzionati a restare nell’UE e costretti dagli inglesi a subire la Brexit. Dall’altra parte dell’oceano gongola Trump, che con i suoi tweet si infila a gamba tesa nelle questioni europee annunciando strabilianti accordi commerciali, e apprezza anche Salvini, che commenta con “Go Boris” la vittoria dei Tories.
Se tutto questo rappresenti la fine o l’inizio del Regno Unito sarà la storia a dirlo. Gli scenari sociali ed economici che nei mesi scorsi delineavano alcuni rapporti interni lasciavano poco spazio alla fantasia e all’entusiasmo. Ma tant’è: da oggi il canale della Manica è un po’ più profondo.