Oleg Smolenkov, la presunta talpa dela Cia al Cremlino, che gli Usa fecero uscire dalla Russia nel 2017 per motivi di sicurezza, potrebbe essere stato “bruciato“ da Trump e ora la sua vita sarebbe in pericolo, secondo la Cnn. Tutta colpa di alcune dichiarazioni avventate del presidente di cui non si conosce però il contenuto. Addestrato dalla Cia, Smolenkov aveva scalato rapidamente i ranghi governativi, ed era diventato molto influente a livelli altissimi del Cremlino: e quando gli Stati Uniti iniziarono a sospettare delle ingerenze russe nelle elezioni presidenziali del 2016, quelle poi vinte da Donald Trump, “era diventato uno degli uomini più importanti e protetti dall’agenzia; ma anche uno dei più a rischio”, scrive il Corsera con fonte CNN.
Smolenkov era un collaboratore del consigliere di Putin per la politica estera Iuri Ushakov, dai tempi in cui questi era ambasciatore della Russia negli Stati Uniti. Di Smolenkov si sarebbero perse le tracce dopo una vacanza in Montenegro con la famiglia, In realtà era stato preso in carico dalla Cia e trasferito in una località segreta degli States. C’è un collegamento diretto con il caso di Serghi Slripal, l’ex spia russa avvelenata con il gas nervino in Inghilterra nel marzo scorso.. L’allora direttore della Cia, John O. Brennan, le teneva fuori dal brief quotidiano del presidente Obama, al quale le inviava invece in speciali buste separate, sigillate. L’informatore, rivela il New York Times,era stato fondamentale nel dimostrare che il presidente Putin l’avesse ordinata e orchestrata lui stesso. Il quotidiano americano lo definisce «il miglior accesso al pensiero e agli ordini di Putin, e fonte chiave nella valutazione della Cia che Putin abbia operato in favore di Trump e ordinato personalmente l’hackeraggio del Democratic National Committee». L’informatore lo frequentava regolarmente e aveva accesso a informazioni di altissimo livello.
Nel 2017, “i rischi per Smolenkov erano diventati più alti”, scrive il New York Times. Inoltre Trump, in un meeting nello Studio Ovale con il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov più volte lui e il suo staff avevano trattato informazioni riservate con “grande leggerezza”. di questo tipo, anche se non direttamente sulla spia in questione. Altre fonti non confermano che l’«estrazione» di Smolenkov fosse dovuta a imperizia del Presidente. Smolenkov non voleva lasciare Mosca. Farlo fuggire sarebbe costata una somma “ingente”.