Per capire quanto le elezioni americane siano un ago della bilancia che non riguarda solo la vita degli Stati Uniti, è sufficiente il primo effetto scaturito dalla vittoria di Joe Biden su Donald Trump: la Brexit.
Proprio ieri, una telefonata fra Boris Johnson e Ursula von der Leyen si è conclusa come forse mai prima d’ora: entrambi hanno commentato che le possibilità di un accordo “sono molto probabili e vicine, anche se restano ancora alcune divergenze su alcuni temi”. I due si sono salutati concordando sulla necessità di “concordare gli sforzi per raggiungere un’intesa quanto prima”. Secondo ambienti vicini a Bruxelles, la sensazione è che l’accordo potrebbe essere vicino, addirittura per la prossima settimana.
In tutto questo, dall’altra parte della Manica filtrano invece indiscrezioni secondo cui BoJo abbia voluto prendere tempo fino a conoscere il nome del nuovo presidente americani: in caso di riconferma di Trump, che non ha mai nascosto antipatia verso la UE caldeggiando la Brexit con promesse di una via preferenziale per il commercio, Johnson avrebbe probabilmente continuato sulla strada del muro contro muro, probabilmente fino allo schianto del “no deal”. Ma con l’avvento di Biden, che stravede per l’Europa e aveva già bacchettato Londra durante la campagna elettorale, spiegando che non avrebbe sottoscritto alcun accordo commerciale se la Brexit minacciasse la pace in Irlanda, la situazione per il Regno Unito si complica, perché difficilmente il nuovo presidente avrebbe fatto un dispetto ai suoi amici europei e ai antichi compaesani irlandesi.
Sul piatto, ancora da risolvere, ci sono le questioni sui diritti della pesca e gli aiuti di stato, ma il tempo non aiuta: qualsiasi accordo va raggiunto entro il termine massimo di fine novembre, per permettere ai parlamenti di ratificarla in tempo utile per il 31 dicembre, data della definitiva uscita della Gran Bretagna dalla UE.