Non se n’è accorto quasi nessuno, ma mentre i media si concentravano sui missili di Trump e la fuga improvvisa di Harry e Meghan, a Westminster si consumava uno dei più crudeli strappi nei confronti delle giovani generazioni. Con 344 no e 254 sì, il parlamento ha votato per bloccare il “New Clause 10”, un disegno di legge che avrebbe imposto anche dopo il 2020 la permanenza del Regno Unito nell’Erasmus, il celebre progetto di mobilità studentesca creato dall’UE nel 1987 che ha permesso a circa 3 milioni di studenti di conoscere luoghi e culture diverse, diventando realmente cittadini europei.
Ma gli inglesi hanno detto no, malgrado la consapevolezza che Londra e il Regno Unito in genere hanno rappresentato per decenni una delle mete predilette degli studenti europei, per l’opportunità di imparare la lingua inglese direttamente sul posto, a quelli inglesi di conoscere il resto dell’Europa.
Una sonora cattiveria che ha scatenato le reazioni indignate di intellettuali e uomini di cultura, convinti che lo scambio culturale giovanile dovesse andare al di là delle becere questioni politiche. Violentissima la reazione di Simon Schama, uno dei più affermati storici britannici, che definisce “Una decisione miserabile e un furto alle giovani e alle future generazioni”. Non è da meno l’ex deputata Luciana Berger: “Ho imparato così tanto durante il mio anno di Erasmus, è stata una delle più belle esperienze della mia vita. È devastante sapere che le nuove generazioni non avranno la mia stessa opportunità”. Altrettanto addolorato il pensiero dell’accademico Paul Bernal: “Tutti quelli che sanno minimamente cosa sia l’Erasmus, cpiascono che quella del governo è una decisione diabolica, miope controproducente. Tipico della Brexit”. A questi si aggiungono migliaia di commenti, appelli e insulti piovuti attraverso i social da tutta l’Europa. In realtà, Boris Johnson non ha mai nascosto di voler tranciare ogni tipo di legame con l’Unione Europea, rendendo più dure le regole per l’immigrazione.
Nello stesso pacchetto di norme passato a Westminster anche la rinuncia all’impegno di accogliere bambini rifugiati non accompagnati dalle famiglie.