Per la Grecia era stato l’uomo dell’ultima speranza, il coraggioso politico antisistema che aveva tentato di guidare la Grecia nelle acque agitate della bancarotta economica: era stato eletto nel 2015, portato in trionfo da un 36,3%, e gli rimproverano di aver promesso molto e mantenuto poco, in particolare il referendum sui negoziati con l’Europa che lui stesso aveva preteso, per avere in mano un forte mandato popolare con cui dire no alla “Troika” europea. Ha fatto quel che ha potuto, slalomando fra prestiti, compromessi e nuove tasse inevitabili, e per questo Alexis Tsipras, ha pagato il conto: lascia il posto a Kyriakos Mitsotakis di “Nea Demokratia”, partito di centrodestra, vincitore con il 40% dei voti alle elezioni anticipate, volute dopo i risultati delle europee del 26 maggio scorso, quando i greci avevano mostrato evidenti segni di insofferenza.
Mitsotakis, 51 anni, erede di una ricca e potente famiglia di armatori, è riuscito nell’impresa di incarnare l’immagine dell’uomo nuovo: idee liberali, ha usato un linguaggio rassicurante, promettendo anche lui tagli alle tasse e un rilancio del paese gettando basi più solide per l’economia. Si è anche rivolto ai tanti giovani greci che in questi anni hanno scelto di andare all’estero in cerca di miglior fortuna: “Non vi chiederò di tornare, ma di guardare a come lavoreremo per cambiare il paese che avete dovuto lasciare”.
Ma Tsipras, rilanciano i quotidiani ellenici in queste ore, difficilmente lascerà la politica, anzi, si prepara a quello che è forse il ruolo che gli riesce meglio, quello di un’opposizione forte e martellante. Gli analisti politici gli riconoscono di aver saputo ridare credibilità alla Grecia, ma nelle tasche della gente è cambiato poco, a parte qualche timida misura, e questo nelle cabine elettorali pesa.