Mentre Londra e Bruxelles si prendono a schiaffoni, respingendo d’ufficio ogni proposta che possa portare al divorzio consensuale fra la UE e il Regno Unito, l’aria che si respira sull’altra sponda della Manica sfiora il panico.
Alle catene della grande distribuzione è stato detto di iniziare a fare scorta di alimenti vitali e di altri prodotti necessari in vista di un potenziale scenario “No Deal” che potrebbe abbattersi con forza nel giro di tre settimane.
Code infinite all’esterno di centri commerciali si segnalano ovunque, così come al porto di Dover, dove rivenditori e fornitori hanno iniziato a “fare scorta” in un momento di crescente preoccupazione per la possibilità di non poter avere alcun accordo commerciale con Bruxelles.
Le ultime speranze sono affidate al premier, l’intransigente BoJo, che ha appuntamento a pranzo con la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Ma a Londra, dove le probabilità che i negoziati falliscano sono date all’80%, i ministri sono impegnati nell’elaborazione di pacchetti di salvataggio da 10 miliardi di sterline per i settori dell’economia destinati ad essere letteralmente travolti dalla peggiore delle ipotesi: agricoltori e produttori alimentari, fornitori di prodotti chimici, l’industria dell’auto e le flotte della pesca.
Un rappresentante della grande distribuzione ha svelato che la scorsa settimana le aziende erano state avvisate di prepararsi ad un probabile “No Deal”: sette giorni dopo il messaggio ha cambiato tono, dando per certa l’uscita dalla UE senza alcun accordo. “Le catene della grande distribuzione sono in preda al panico: hanno visto cosa è successo durante la pandemia, quando la gente ha iniziato a svuotare gli scaffali. Ma questo potrebbe non essere nulla rispetto a ciò che potrebbe succedere: non mancheranno forse le scorte di carne e la frutta arriverà dal Sud America, ma è probabile una carenza di verdura per mesi e mesi”.
L’operazione “Capstone”, il piano di emergenza in caso di No Deal prevede più di 3.000 camion alla settimana mobilitati per portare farmaci e attrezzature mediche essenziali nel Regno Unito, 1.100 funzionari doganali e dell’immigrazione in più a presidiare i confini entro marzo e 20 linee telefoniche di assistenza che forniranno consulenza alle imprese, mentre una riservata agli autotrasportatori guiderà i veicoli in movimento verso il più vicino dei sette nuovi posti di controllo interni.
Tutto questo, mentre sui tabloid inglesi la cancelliera tedesca Angela Merkel è additata come il motore occulto della linea dura dell’Unione Europea. Secondo alcune fonti non meglio citate, “La Merkel non ha alcuna intenzione di raggiungere un compromesso” e per il ministro degli Esteri inglese Dominic Raab l’intransigenza della UE sarebbe guidata dai timori di Bruxelles per il futuro successo del Regno Unito: “Penso che Bruxelles sia preoccupata che la Gran Bretagna possa fare bene una volta lasciata l’Unione Europea”.
I colloqui potrebbero teoricamente continuare fino al giorno di Natale, ma Johnson è stato categorico sul fatto che il Regno Unito non tornerà al tavolo delle trattative dopo il 31 dicembre, quando scadrà il periodo di transizione della Brexit. Il premier non se la passa granché bene neanche sul fronte interno, dove non mancano gli attacchi: l’ex ministro Lord Heseltine, in un fondo pubblicato sull’Observer, ha tuonato: “Questo governo sarà ritenuto responsabile della peggiore decisione in tempo di pace dei tempi moderni. Il Natale è alle porte e prima che il Paese torni al lavoro saremo da soli, ma niente di tutto ciò creerà un solo posto di lavoro in più, una sterlina di investimento o un aumento del tenore di vita. Avremo solo sbattuto la porta in faccia al più grande mercato del mondo, che rappresenta quasi la metà delle nostre importazioni ed esportazioni”.
I colloqui intanto proseguono, come confermato da un portavoce del governo: “Allo stato attuale, l’offerta della UE resta inaccettabile. Il Primo Ministro non lascerà nulla di intentato, ma dev’essere assolutamente chiaro che qualsiasi accordo dovrà essere equo e rispettare il principio che fra tre settimane il Regno Unito sarà una nazione sovrana”. Ed Miliband ha accusato Johnson di “giocare alla roulette russa” con il destino degli inglesi: “Come osa dire che sarà un risultato meraviglioso? Vogliamo un Paese con standard elevati in materia di ambiente e diritti dei lavoratori, o vogliamo un Paese costretto a correre verso il basso?”. Il premier ha dovuto affrontare anche le critiche che gli sono state mosse quando ha annunciato che quattro navi militari sarebbero state inviate per proteggere le acque britanniche.