È uno dei simboli di Francia, come la Tour Eiffel, il camembert, il Louvre e la testata di Zidane (a Materazzi). La “baguette”, quella che al di qua delle Alpi si chiama semplicemente filoncino ed è una delle infinite varianti del pane italiano, in Francia è quasi la pezzatura unica, la più facile e diffusa da trovare. Se la panetterie fanno altre forme è solo per compiacere gli stranieri.
In realtà, la baguette deriva da un pane realizzato a Vienna alla metà del XIX secolo, con l’avvento dei forni a vapore che hanno favorito la ghiotta comparsa della crosta croccante. La forma francese ha una data esatta: ottobre 1920, perché risale ad una legge che vietava ai panettiere di lavorare il pane prima delle quattro del mattino, di fatto tagliando via le forme rotonde. Per ovviare alla strana norma, è bata la baguette.
Ma ora, i cugini francesi, sempre un po’ invidiosi, stanno montando – con Macron in prima fila – per chiedere il riconoscimento del loro pane tradizionale fra i patrimoni mondiali dell’Unesco. Secondo loro c’è di mezzo la pizza, nel senso che se ce l’ha fatta un piatto popolarissimo come quello italiano, allora non c’è motivo per cui all’Unesco gli chiudano la porta in faccia.
Per dire la sua, Macron ha scelto non a caso un palco da cui l’applauso era certo: la confederazione nazionale panettieri-pasticceri di Francia che rappresenta 33mila boulangerie e 180mila addetti del settore. Secondo il presidente, “La baguette è invidiata in tutto il mondo, è un pane dalla storia speciale, la quotidianità dei francesi, e bisogna preservarne l’eccellenza”. Ma visto che ormai (come in Italia), il pane è imbarbarito dalla grande distribuzione, che lo diffonde nei supermercati surgelato, un quarto di secolo fa è stato varato un disciplinare che spiega la ricetta tradizionale: farina di frumento, acqua, lievito e sale.