Tra le 7:36 e le 7:40 dell’11 marzo 2004, a tre giorni dalle elezioni generali, dieci zaini riempiti di dinamite gelatinosa "Goma2 Eco" esplodono dilaniando quattro treni regionali di Madrid in altrettante stazioni: tre ad Atocha, due a El Pozo, una a Santa Eugenia e quattro su un treno fermo a Téllez. È l’ora di punta: muoiono 192 persone e altre 2.057 restano ferite. La polizia rinviene altre due bombe inesplose e un dispositivo a tempo con 500 grammi di esplosivo mescolato fra i bagagli. Il premier José María Aznar ipotizza la mano dell’ETA, l’organizzazione indipendentista basca, ma poche ore dopo il quotidiano londinese “al-Quds al-Arabi” riceve una lettera di rivendicazione firmata dalla brigata “Abu Hafs al Masri”, una cellula di al-Qaeda, la rete terroristica di Osama Bin Laden, in cui si accusa la Spagna di aver collaborato con Stati Uniti e Gran Bretagna contro l’Islam. Nell'ottobre del 2007, al termine di un lungo processo, la commissione d'inchiesta istituita dal nuovo premier, José Louis Rodriguez Zapatero, condanna 21 persone per terrorismo, attribuendo l'attentato ad una cellula jihadista non direttamente collegata alla rete di Bin Laden.