Il 27 novembre 1922 l'archeologo Howard Carter e il mecenate lord Carnarvon stanno per entrare in una tomba da poco scoperta nella valle dei re, e lo fanno nonostante la minaccia un minaccioso sigillo in geroglifici che trovano all’ingresso: “La morte colpirà con le sue ali chiunque disturberà il sonno del faraone”. Per farlo ci vuole una gran dose di coraggio o di incoscienza, oppure – più probabile – di scetticismo, visto che i due aprono una fessura per ispezionare l’interno, rompono il sigillo, entrano nella tomba e sono protagonisti della più grande scoperta archeologica del Novecento, portando alla luce intatto l’arredo funerario di Tutankhamon, il faraone fanciullo.
Il finanziatore della spedizione muore al Cairo il 5 aprile 1923, quattro mesi dopo l’apertura del sepolcro, un amico di Carnarvon, George Jay Gould, si precipita in Egitto e muore di peste bubbonica 24 ore dopo aver visitato la tomba di Tutankhamon. Delle venti persone che hanno assistito all’apertura del sepolcro ben dodici muoiono entro la fine del 1923, e altre sedici nei quattro anni successivi: la maledizione del faraone sembra sia davvero potente oltre che inspiegabile. Ma se fosse esistita davvero una maledizione, non sarebbe dovuto essere Howard Carter, lo scopritore della tomba, il primo a morire? Invece, dopo aver lavorato ancora a lungo in Egitto, l’archeologo muore 66enne, 14 anni dopo la scoperta. Ma allora, perché sono nate queste leggende? C’è chi dice sia stato lo stesso Carter ad alimentarle per tenere lontani curiosi e ladri di tombe dall’enorme tesoro di Tutankhamon, ma più probabilmente è stata l’invenzione dei due scrittori, Vandenberg e Berlitz, il cui unico obiettivo era di vendere il maggior numero di copie dei loro libri, che in effetti hanno incontrato un notevole successo.
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