È un attacco di cuore, il 2 maggio del 1972, a portarsi via J. Edgar Hover, il granitico funzionario statunitense padre dell’FBI, uno dei più celebri servizi investigativi del mondo. È ancora giovanissimo, quando il presidente Coolidge lo vuole alla direzione del “BOI”, dalle cui ceneri sarebbe nata l’agenzia federale: ha 600 uomini a disposizione, che diventeranno 6.000 al termine dei 48 anni del suo mandato, dopo aver assistito all’avvicendarsi di otto presidenti degli Stati Uniti. Fu Hoover a volere i laboratori scientifici all’avanguardia e l’archivio nazionale delle impronte digitali, oggi immenso, e fu sempre lui ad annientare l’epopea dei gangster togliendo dalla circolazione John Dillinger e George R. Kelly, per poi assicurare alla giustizia Bruno Hauptmann, un immigrato tedesco accusato del clamoroso omicidio di “Baby” Lindbergh, il figlio del celebre aviatore. Durissimo, inflessibile e dispotico, finì più volte sotto accusa per violazioni dei diritti civili e violenze, oltre che ritenuto il braccio armato del “maccartismo”, con indagini a tappeto su sospetti simpatizzanti del comunismo come Charlie Chaplin, Elvis Presley e Martin Luther King.