Sono passate da poco le 11:30 del mattino del 7 gennaio 2015, quando un commando formato da due uomini armati di Kalashnikov fa irruzione nella sede del settimanale satirico “Charlie Hebdo” mentre è in corso la riunione di redazione: 12 persone, fra cui il direttore Stéphane Charbonnier, oltre a vignettisti, collaboratori e due agenti, muoiono sotto le raffiche esplose da Said e Chérif Kouachi, due fratelli franco-algerini che riescono a fuggire scatenando una caccia all’uomo che si concluderà soltanto due giorni dopo, con una sparatoria all’interno di una tipografia di Dammartin-en-Goële, a 40 km circa da Parigi. L’attentato, rivendicato dall’Isis, segna l’inizio di anni devastanti per la Francia che culmineranno con la strage del Bataclan del 13 novembre dello stesso anno e quella sulla Promenade des Anglais di Nizza del 14 luglio 2016.