Alle 22:03 del 10 aprile 1991, il traghetto “Moby Prince”, di proprietà della “Nar.Ar.Ma”, molla gli ormeggi dal porto di Livorno con destinazione Oblia: a bordo 65 persone di equipaggio e 75 passeggeri. Nelle manovre di uscita dal porto, il tragetto urta la petroliera “Agip Abruzzo” forando la cisterna numero 7: oltre 2.700 tonnellate di petrolio della “Iranian Light” si riversano in mare. Le scintille delle lamiere accendono il carburante, e le fiamme divorano la nave: alle 22:25 il marconista lancia il “Mayday”, ma è solo la prima delle numerose richieste di soccorso rimaste inascoltate. Il Moby Prince verrà individuato soltanto alle 23:35, troppo tardi: buona parte delle 140 vittime era ammassata nel salone “De Luxe” della nave, dove l’equipaggio aveva raccolto passeggeri ed equipaggio confindando nell’arrivo dei soccorsi. Il 22 maggio 1998, la nave, posta sotto sequestro, affonda nelle acque del porto di Livorno, per essere poi recuperata e avviata alla demolizione. Ancora oggi, la più grande tragedia della marina civile italiana è avvolta nel mistero: la sentenza di primo grado del 1998, quella d’appello dell’anno successivo e la relazione finale della commissione parlamentare d’inchiesta non sono state in grado di stabilire cosa successe quella sera nella rada di Livorno. E come sia stato possibile “non vedere” una petroliera lunga 268 metri e alta come un palazzo di cinque piani.