Alle 16:37 del 12 dicembre del 1969, una borsa con 7 kg di tritolo esplode nel salone con tetto a cupola della Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana, a Milano. L’ordigno uccide 17 persone, di cui 13 sul colpo, e ne ferisce altre 87. La “madre di tutte le stragi” terroristiche in Italia è considerato l’evento che traghetta l’Italia nel difficile periodo degli “anni di piombo” e della "strategia della tensione". Tutto era organizzato per diventare un giorno da incubo per l’intero paese: una seconda bomba inesplosa fu rinvenuta poco dopo in piazza della Scala, sempre a Milano, una terza esplose alle 16:55 in via Veneto e altre due alle 17:20 e 17:30 all’Altare della Patria e in piazza Venezia, a Roma, causando 16 feriti. Nel 2005, dopo decenni di indagini e processi, la Corte di Cassazione ha stabilito che la strage di piazza Fontana fu opera di “un gruppo eversivo costituito a Padova nell’alveo di Ordine Nuovo, capitanato da Franco Freda e Giovanni Ventura”, non più perseguibili perché assolti in via definitiva dalla Corte d’Assise d’Appello di Bari. Ancora oggi, gli esecutori materiali restano ignoti.