Di Germano Longo
Senza i visionari, quelli che prima di tutti gli altri hanno intravisto qualcosa che somigliava al futuro, forse non avremmo mai avuto un domani. Di visionari è piena la storia: da Leonardo da Vinci in poi, passando per Enzo Ferrari, Steve Jobs e Mark Zuckerberg, solo per citare qualcuno dei più celebri, le cui idee circolano ancora oggi. Gente che in ogni tempo e con i mezzi che aveva a disposizione si è spinta oltre i limiti della propria realtà disegnando strade e percorsi che fino ad un istante prima erano inimmaginabili. Roba da film di fantascienza, ma solo per quelli che non ci credevano.Eppure non è ai colpi di genio che puntano i “Visionary Days”, terza edizione di un evento che vuole semplicemente dare la parola ai giovani, le generazioni meno ascoltate che presto dovranno guidare il pianeta, e si spera con mano migliore dei loro padri. Perfino Goethe, fra il 700 ed il secolo successivo, aveva intuito quanto necessario fosse dare voce e fiducia a chi ha meno barriere mentali e ancora pochi interessi da difendere: “Ciò che hai ereditato dai padri riconquistalo, se vuoi possederlo davvero”, diceva.
Ai giovani come loro, gli organizzatori dei “Visionary Days” chiedono qualcosa di semplice ed enorme al tempo stesso: immaginare il futuro che vorrebbero, per loro stessi e per il pianeta in cui vivono, sempre più delicato a da difendere. L’ingresso è rigorosamente gratuito, l’unico obbligo è la preregistrazione online sul sito www.visionarydays.it.
Ma per la prima volta, l’appuntamento creato da un’associazione di giovani universitari di tutt’Italia allarga i propri confini: da Torino, città che fino ad oggi li ha ospitati, sbarcano a Genova, dove altre centinaia di giovani saranno connessi in tempo reale con gli spazi torinesi delle “OGR” per discutere, lanciare proposte e lasciarsi contaminare dalle esperienze degli altri, per farle proprie e se possibile renderle migliori e soprattutto fattibili.
Chiamatelo “brainstorming”, ma in grande stile e organizzato, con 1.500 under 35 pieni di entusiasmo ed energie, che hanno di fronte un tema comune: “Quali forme per il Prossimo Pianeta?”. In tutto 120 tavoli, guidati da un moderatore, che per un giorno intero – sabato 23 novembre, dalle 9:30 del mattino alle 19:30 – avranno il tempo di confrontarsi sotto la supervisione di “Lee”, un algoritmo che registrerà, confronterà e annoterà ogni cosa, fino a dare vita al “Manifesto Dinamico”, un libro stampato su carta autentica (per una volta non elettronica) che sarà il testimone della giornata: 60 pagine di idee, proposte e visioni per il mondo nell’anno di grazia 2050, data che la Commissione Europea immagina sufficiente per arrivare ad un continente ricco, pacifico e pulito.
Quattro le sessioni di confronto, introdotte da ospiti presenti sui palchi di Torino e Genova: “Risorse”, per trovare soluzioni ai 93 miliardi di materie prime utilizzate ogni anno dal pianeta a fronte del 9% recuperato da fonti riciclate, “Abitanti”, ovvero la crescita della popolazione mondiale e la necessità di dare tutti un’esistenza che valga la pena di essere vissuta, “Economie”, l’impellente necessità di ridurre gli sprechi e rendere sempre più efficienti i consumi, e per finire “Nuova Terra”: i mondi lontani su cui la ricerca spaziale scommette. Fra gli ospiti scrittori, astrofisici, divulgatori scientifici, biotecnologi, imprenditori, antropologi e astronauti come Franco Malerba, presente a Genova, e politici come Vincenzo Spadafora, ministro delle Politiche Giovanili, che chiuderà i lavori a Torino.
Un’idea che è piaciuta tanto ai “grandi”, che alle idee dei più giovani guardano con enorme interesse: ci hanno creduto la “Compagnia di San Paolo”, la “Fondazione CRT” e “FCA Group”, che vive sulla proprie pelle uno dei cambiamento più epocali di questi anni: quello della mobilità.
E il futuro? Beh, a quello i giovanissimi creatori dei “Visionary Days” - presieduti da Carmelo Traina, un giovane e riccioluto siciliano - lavorano senza sosta: dopo l’esperimento di Genova, il prossimo anno l’idea è di coinvolgere cinque città italiane, allargando la platea a migliaia di giovani. E poi chissà: i visionari, quelli veri, non sanno che farsene dei confini.