Siamo addestrati a tutto, abituati a cavarcela nella giungla della vita combattendo ogni giorno per trovare soluzioni ai mille e più problemi che si parano davanti dal suono della sveglia al “buonanotte”, un attimo prima di spegnere l’abat-jour. Ma c’è una cosa davanti a cui restiamo disarmati, inermi, sbigottiti, senza via d’uscita che non sia quella di chiedere aiuto a qualcuno. È la sindrome dell’ultimo strappo, il lembo finale di carta igienica, il più triste degli epiloghi di un momento fra i più intimi e riservati.
In circolazione, come recitano le pubblicità, ci sono rotoli da 120 strappi, altri che arrivano a 200 e qualcuno addirittura a 500. Ma secondo una ricerca sul pubblico americano, i 10 piani di morbidezza non erano abbastanza: sono abituati ai grattacieli, con 10 piani arrivano sì e no al mezzanino. In più, sulla base di una vecchia indagine del “New York Times” risalente al 2009, gli americani consumano una media di 23,6 rotoli all’anno: una bella scocciatura.
Così la “Charmin”, un’azienda del colosso “Procter and Gamble”, si è inventata i “Forever Roll”, il rotolo che non finisce mai. Una sorta di rotolone da tipografia con 30 cm di diametro che assicura tre mesi di soste liberatorie senza l’ansia dell’ultimo strappo. L’idea è pensata ad hoc per i “millennial”, generazione che spesso vive da single e non ha a disposizione molto spazio per conservare la confezione di rotoli convenzionali. Il Forevel Roll è in fase di lancio con uno “starter kit” che per 29 dollari include tre rotoloni e un portarotolo da parete in acciaio inossidabile spazzolato.
L’avvento della carta igienica si perde nella storia: il primo a tentare di ricostruirne la storia è stato lo scrittore Richard Smyth, che attribuisce l’invenzione a Joseph C. Gayetty, nel 1857, per sostituire la carta dei giornali utilizzata fino a quel momento. Arriva in commercio per la prima volta in confezioni rettangolari ed è chiamata “Medical Paper”: nello slogan usato per il lancio garantisce un’esistenza senza emorroidi. Per arrivare al rotolo bisogna aspettare più di vent’anni e un’idea della “Scott Paper Company” di Philadelphia. Ultima tappa fondamentale di questa storia l’arrivo del “doppio velo”, questa volta brevetto inglese della “St. Andrew’s Paper Mill”.