Aveva scelto il giorno del ringraziamento, il 23 novembre scorso, per rivelare che anche lei era fra le vittime di Harvey Weinsten. Poche battute, diffuse attraverso Instagram, ma nessun dettaglio, perché la vendetta va consumata fredda. Un grappolo di mesi necessari a prendere fiato conclusi oggi, quando Uma Thurman, bostoniana di nascita, classe 1970, bellezza eterea e musa di Quentin Tarantino, ha scelto il “New York Times” per raccontare tutto.
Anche per lei, nessun privilegio: Weinstein in accappatoio bianco, la doccia, l’aggressione. È successo nel 1994, in una delle stanze del “Savoy” di Londra, dopo la prima di “Pulp Fiction”, film che sarebbe valso la Palma d’Oro a Tarantino. “Weinstein mi ha sbattuta sul letto, cercando di spingersi dentro di me e di calarsi i pantaloni: non mi ha violentato, ma è come se l’avesse fatto”. Uma si divincola e fugge, ma non è finita: passano un paio di giorni e Harvey sempre più famelico si fa precedere da un “volgare” mazzo di rose gialle e da un’insistenza nascosta dalla necessità di “parlare di nuovi progetti”. La Thurman si presenta con Ilona Herman, un’amica, che però deve attenderla nella hall dell’albergo: cosa sia successo in camera, Uma l’ha rimosso, non lo ricorda. È l’amica, a ricordarla all’uscita dall’ascensore: arruffata, sconvolta e con lo sguardo nel vuoto. Ci mette ore a riprendersi, mormorando una frase che dice tutto: “L’ho minacciato di raccontare tutto, e lui di volermi distruggere la carriera”.
La vendetta di Weinstein non si attendere, ed è furiosa: sul set messicano di “Kill Bill”, Tarantino - forse il regista più fidato del produttore - invece di usare una controfigura, pretende che sia lei a mettersi al volante di una “Karmann Ghia” considerata “un catorcio” intimandole di superare i 60 km/h perché i capelli si muovessero con l’aria. L’attrice finisce contro un albero procurandosi diverse lesioni e una commozione cerebrale.
“I complicati sentimenti che nutro per Harvey riflettono quanto mi sento in colpa per le donne aggredite dopo di me: io sono una delle ragioni per cui una ragazza entrava nella sua stanza da sola, proprio come me”.
Ma la confessione di Uma non è finita: un attore, di cui non fa il nome, l’ha stuprata quando aveva soltanto 16 anni. E su certe ferite, la parola fine non cala mai.