Virginia Roberts Giuffre, l’ex schiava del sesso di Jeffrey Epstein, oggi è una donna di 35 anni che ha deciso di fare pace con il proprio passato, costi quel che costi. Insieme ad altre 20 donne, tutte troppo grandi per pensare che piacerebbero ancora al miliardario con la passione per le ragazzine, sa di non avere altro da perdere. Semmai il contrario.
Così, ogni volta che ne ha l’occasione, parte a testa bassa con attacchi frontali e senza mezzi termini. L’ultimo, che in queste ore sta tenendo banco sui tabloid di mezzo mondo, non ha come protagonista Epstein, definito “il codardo che si è suicidato invece di rispondere alla giustizia delle proprie azioni”, ma il principe Andrea. Il duca di York che da settimane cerca di smarcarsi dalla ragnatela della pedofilia, e più ci prova, più su di lui si scoprono frequentazioni imbarazzanti. La Roberts insiste: “Epstein mi ha ordinato più volte di andare a letto con il duca di York quando avevo 17 anni”. Lui nega, Buckingham Palace annaspa fra comunicati pieni di sdegno e lei picchia ogni volta più forte: “Il principe Andrea sa perfettamente cosa ha fatto: mi auguro che confessi e dica tutto”.
Accuse che non sarebbero soltanto parole, ma messe nero su bianco in atti giudiziari che riportano dichiarazioni con tanto di date, fatti e circostanze rese nel 2016, insieme ad altri nomi che scottano: l’avvocato Alan Deshowitz, l’ex governatore del Messico Bill Richardson e l’ex senatore americano George Mitchell. Tutta gente con cui Virginia Roberts Giuffre afferma di aver avuto rapporti sessuali, su ordine del suo “padrone” Jeffrey Epstein e con il coordinamento del traffico di Ghislaine Maxwell, la procacciatrice di carne fresca con cui sfamare le voglie del miliardario. E non è finita, perché nuovi capitoli potrebbero aprirsi a breve, visto che fra le amicizie di Epstein spiccano Woody Allen, l’ex presidente Bill Clinton e quello attuale, Donald Trump.
Ma quella della Roberts non è l’unica notizia del giorno, intorno alla vicenda sempre più intricata della vita e della morte di Epstein. L’autopsia ha confermato il suicidio tramite impiccagione, lasciando però la controversia che dietro potesse nascondersi un suicidio indotto o una messinscena da spy-story. L’unico dubbio avrebbero potuto toglierlo i filmati delle videocamere di sicurezza, che fra agenti di custodia incredibilmente assopiti o distratti, e i licenziamenti postumi di dirigenti del “Metropolitan Correctional Center” per incapacità manifesta, erano le uniche a non poter mentire. Ebbene, come ha rivelato in queste ore il “Washington Post”, una parte di quei filmati è del tutto “inutilizzabile”. Non è ancora chiaro se si tratti di un danneggiamento che impedisca la visione completa o parziale, e quante riprese delle numerose videocamere sarebbero invece salve. Ma la rivelazione è inquietante e aggiunge mistero ad un giallo di cui non sarà facile arrivare al punto di partenza. Intanto, il Grand Jury di New York avrebbe spiccato 20 mandati di comparizione per altrettante guardie carcerarie per ricostruire al secondo la notte in cui Jeffrey Epstein è morto.