Harmut Hopp è libero di tornare nella sua casa, nel Nordreno-Vestfalia, dove i vicini lo conoscono e dicono sia un signore gentile e molto affabile: per il tribunale di Krefeld, in Germania, “non esistono prove sufficienti” per condannare quello che è considerato a tutti gli effetti un mostro. Il nome di Hopp è tristemente legato alla storia terribile della “Colonia Dignidad”, un’enclave fondata nel 1961 da un gruppo di immigrati tedeschi nella provincia di Limares, in Cile, dove fino al 1991 si sono consumati abusi di ogni tipo su bambini e non solo. A volere quel “nuovo mondo” era stato Paul Schäfer, ex medico militare della Luftwaffe e della Wehrmacht che nel 1961 era fuggito dalla Germania, inseguito da un mandato di cattura per lo stupro di due adolescenti. Il 20 maggio 1997 lascia il Cile, ancora una volta per evitare di rispondere ad altre accuse di violenza: lo arrestano nel marzo del 2005 in Argentina, viene estradato in Cile e condannato a 33 anni di carcere. Finalmente, il 24 aprile 2010 muore per un attacco cardiaco nel carcere di Santiago.
Il suo braccio destro, l’uomo più fidato, era Harmut Hopp: anch’egli medico, condannato da un tribunale cileno a soli cinque anni di carcere mai scontati, perché fuggito in tempo in Germania, dove il governo ha sempre negato l’estradizione. È anche grazie a lui, che all’epoca della “Colonia Dignidad” aveva 18 anni, se ancora una volta la Germania prova un senso di vergogna. L’ha detto all’indomani della sentenza di assoluzione Andreas Schüller, l’avvocato che da anni tenta in ogni modo di far pagare le proprie colpe a Hopp, che oggi ha 75 anni: “Sono scandalizzato: la sentenza dimostra che ‘Colonia Dignidad” resta un capitolo buio nella storia giudiziaria tedesca. La nostra fiducia nel sistema giudiziario ne esce molto scossa: è dal 1965 che in Germania si sa degli abusi e delle violenze contro i bambini che avvenivano all’interno del villaggio”.
Nel momento di massima espansione, Colonia Dignidad, poi chiamata “Villa Baviera”, ospitava circa 300 persone: una comunità idealmente felice che si occupava di agricoltura, dotata di un ospedale, una scuola, piste di atterraggio, un ristorante, una panetteria-pasticceria e una centrale elettrica che forniva energia. Niente televisione, telefoni e nessun giornale potevano circolare: le pene per chi trasgrediva erano pesanti, con privazione di cibo, fustigazione pubblica, elettroshock e terapie a base di psicofarmaci. I residenti erano obbligati a vestire con costumi tipici bavaresi e a cantare canzoni tedeschi durante il lavoro nei campi. Vietato anche il sesso, e i bambini che nascevano non potevano conoscere l’identità dei genitori: non esistevano mamma e papà, ma solo zii e zie.
A proteggerla, una barriera elettrificata con torri di sorveglianza presidiate da militari armati di tutto punto. Le prime notizie su ciò che avveniva lì dentro risalgono al 1965, ma da allora la CIA americana e personaggi come Simon Wiesenthal, il “cacciatore di nazisti”, hanno presentato rapporti sulla setta di Paul Schäfer, che per qualche tempo aveva ospitato anche Josef Mengele, il crudele medico di Aushwitz che usava i prigionieri come cavie umane per esperimenti aberranti. A proteggere la struttura era soprattutto il regime di Pinochet, che in cambio aveva ottenuto il via libera per considerare Colonia Dignidad un tranquillo e fidato centro di tortura e soppressione dei dissidenti, ma anche un punto privilegiato per testare l’efficacia del gas Sarin, un desiderio della “DINA” (Dirección de Inteligencia Nacional), i servizi segreti cileni. Ma le connivenze della setta di Paul Schäfer non finivano qui: poteva contare su appoggi nell’Argentina di Videla e il Paraguay di Alfredo Stroessner, oltre a quello di politici, giudici, politici e uomini d’affari. Nel 2006, numerosi membri della colonia hanno chiesto scusa con una lunga lettera pubblica per i 40 anni di abusi e violenze: era stato PaulSchäfer a soggiogarli psicologicamente e fisicamente.
Buona parte del mondo, per lungo tempo non ha saputo dell’esistenza di Colonia Dignidad: nel 2015, il film “Colonia”, diretto da Florian Gallenberger e interpretato da Emma Watson, Daniel Brühl, ha mostrato gli orrori del regno di uno spietato e crudele pedofilo tedesco. Efrain Veuhoff, 49 anni, uno degli ex ospiti, ha faticosamente denunciato la sua esperienza: “Siamo stati abusati tutti. Ci facevano credere che quella era l’unica possibile e Schäfer dio in persona”. Insieme a lui Erika Tymm, 56 anni: “Non sapevamo nulla della via fuori: la nostra vita era il lavoro nei campi e poco cibo”. Tra i tanti che hanno subito violenza anche suo marito, anni dopo finito in galera a sua volta con l’accusa di pedofilia.
Villa Baviera esiste ancora oggi, ma l’attuale direttore, Peter Müller, ha cambiato totalmente le regole: nessuno è prigioniero, bambini e ragazzi possono frequentare scuole all’esterno della struttura e i turisti sono i benvenuti. Tutto è rimasto come allora, e si può accedere, visitare e fotografare tutto: tranne la stanza di Paul Schäfer.