Da quando è stato eletto, il presidente Donald Trump ha sfilacciato i rapporti con i Paesi storicamente allegati, stringendone al contrario altri con chi è sempre stato guardato con sospetto.
La scorsa settimana, The Donald ha strappato un altro cordone annunciando un piano per il ritiro di quasi 12.000 truppe americane dalla Germania: una sottile presenza di forze, tessuta attraverso le città, i campi e le fitte foreste tedesche che ha contribuito per tre generazioni a garantire la pace in Europa, incarnando un impegno indistruttibile tra gli ex nemici.
Il rapporto con la Germani e l’Europa intera, soprattutto se Trump sarà rieletto, è in caduta libera, con destinazione sconosciuta: la decisione sembra essere quella di punire la Germania. “La Germania paga alla Russia miliardi di dollari all’anno per l’energia, e noi dovremmo proteggerla dalla Russia? - ha scritto Trump in un post - inoltre, la Germania è molto tirchia nel 2% versato alla NATO, quindi abbiamo deciso di trasferire alcune truppe fuori dalla Germania”.
Granate diplomatiche lanciate nel cuore della notte che potrebbero richiedere anni per rimediare ai danni provocati negli equilibri politici internazionali. Il capo della commissione per le relazioni estere del parlamento tedesco, Norbert Roettgen, ha replicato duramente: “Invece di rafforzare la Nato, tutto questo indebolirà l’alleanza. Il peso militare degli Stati Uniti diminuirà a tutto favore della Russia e del Medio Oriente”. Anche il governatore dello stato bavarese Markus Soeder, la cui regione ospita diverse basi americane, ha criticato Trump: “Purtroppo questo finirà per danneggiare gravemente le relazioni tra Germania e America”.
Non c’è da stupirsi, che il Cremlino sfrutti allegramente la costernazione dell’Europa attraverso il portavoce Dmitry Peskov: “Non abbiamo mai nascosto di pensare che meno americani ci sono nel continente europeo, e più l’Europa è calma”.
Ci sono voluti quasi quattro anni per arrivare a questo punto, ma il ritiro delle truppe dalla Germania, un terzo del totale di stanza nel Paese, segna la fine di quello che il presidente Franklin D. Roosevelt aveva concepito come un ordine del secondo dopoguerra basato sull’interesse comune e sulle aspirazioni collettive. Roosevelt e altri leader della sua generazione erano stati testimoni dei tempi peggiori, quando le grandi potenze si sono scontrate causando morte e devastazione. Il problema della Nato e degli altri alleati dell’America è che sembra ci sia ben poco in grado di trattenere Trump dai suoi impulsi. Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, ha tentato di gettare acqua sul fuoco assicurando che “gli Stati Uniti si sono consultati con gli alleati prima dell’annuncio”, anche se i funzionari tedeschi sono rimasti estremamente sorpresi dalla decisione, dimostrando l’esatto contrario.
Stoltenberg ha combattuto contro il desiderio di Trump di staccarsi dalla Nato fin da quando il Presidente è entrato in carica, nel gennaio 2017. Ora sta cercando di salvare la situazione, affermando con una nota di speranza che la decisione di Trump “sottolinea il continuo impegno degli Stati Uniti nei confronti della Nato e della sicurezza europea”.
La realtà è che Trump ha usato le maniere forti con il cancelliere tedesco Angela Merkel fin dall’inizio del suo mandato, puntando dritto verso le esportazioni di auto e il commercio in generale. Al loro primo incontro alla Casa Bianca nella primavera del 2017, il Presidente ha a malapena guardato la Merkel negli occhi, rifiutandosi di stringerle la mano, mentre al vertice NATO del 2018 l’ha apertamente rimbrottata nel corso di una colazione.
Qualunque sia il motivo della decisione di Trump, sia che si tratti di petulanza o di un perno strategico verso l’Asia, la realtà lascia gli alleati assai perplessi e va contro i benefici a lungo termine degli stessi Stati Uniti: ora i paesi europei devono guardare a se stessi per la difesa, con un importante cambiamento dal punto di vista strategico. Mentre Trump cerca alleanze per rafforzare le sanzioni contro la Cina e l’Iran, un’Europa meno vincolata tenterà di assicurarsi relazioni che si adattino ai propri interessi commerciali e di sicurezza che potrebbero non essere in linea con quelli americani. Al tempo stesso, la decisione suona come l’ultimo favore verso Vladimir Putin, e una sorta di promessa d’intenti in caso di rielezione.
Forse un nuovo presidente americano arriverà alla Casa Bianca entro la fine dell’anno, e avrà tempo e potere per riparare alla profonda spaccatura che Trump ha causato con gli alleati più fedeli. Ma non sarà facile.