Nel 2009 un cittadino italiano di 31 anni, Stefano Cucchi, di Roma, veniva fermato da pattuglia di carabinieri e posto in stato di fermo per detenzione e spaccio di droga. Sette giorni dopo moriva in ospedale in seguito alle botte subite durante il periodo di detenzione. Oggi parrebbe che il pestaggio sia avvenuto in una caserma dei carabinieri, che gli autori sarebbero due militari, che altri colleghi ne avrebbero coperto le responsabilità. C’è un processo e ora anche nuovi indagati. Ebbene, i carabinieri sono 110 mila, basterebbe una calcolatrice per fare la percentuale: i presunti responsabili di un gravissimo episodio sono lo 0,000... Ebbene, da mesi è in atto una campagna mediatica volta a criminalizzare tutta l’Arma dei carabinieri. Ma non da parte della famiglia Cucchi. La sorella di Stefano, Ilaria, ha sempre tenuto a precisare che vanno colpite le responsabilità individuali e che loro credono tuttora nell’istituzione. Ma le strumentalizzazioni sono evidenti e sempre più insopportabili. Che Cucchi sia stato picchiato, quando era affidato alla custodia dello Stato è un fatto innegabile. Noi speriamo che gli autori di un gesto infame e vigliacco ne rispondano davanti alla giustizia, loro e i loro complici, chiunque essi siano, anche quelli con gli alamari, se ritenuti responsabili da un Tribunale della Repubblica di un qualsiasi reato.
Però adesso basta. I siti dell’area antagonista (e non solo) rigurgitano da mesi di post e fake news che tendono a creare un clima d’odio verso i militari che ogni giorno svolgono coscienziosamente il loro servizio al Paese. Ricorda tanto lo zelo e l’entusiasmo di certi xenofobi di casa nostra a caccia di consensi elettorali a costo zero quando “gli stranieri” commettono reati particolarmente gravi, o quando si getta l’ombra della pedofilia su tutta la Chiesa Cattolica e non sugli autori di azioni esecrande. Ci si dimentica che gli italiani, di reati gravi e uguali, ne commettono assai di più; che c’è un esercito di preti che pensa solo a fare del bene agli altri negli angoli più sperduti del mondo e nei quartieri più degradati della città italiane. Permettettecelo: noi non ci stiamo. Chi ha sbagliato, pagherà. Senza tanta retorica giustizialista e a senso unico. Ma l’integrità dell’Arma dei carabinieri non deve essere messa in discussione. Sarebbe troppo facile, oggi, ricordare il sacrificio di Salvo D’Acquisto (nell'immagine di apertura, per chi ha la memoria corta) e le morti nel silenzio e nell'oblio di tanti militari di ogni ordine e grado in nome della tutela della collettività. Dovrebbe essere scontato ma in un Paese avvelenato da un fiume d’odio che si riversa ogni giorno sulla rete non lo è più. Forse la scelta più lineare e coerente dovrebbe essere la sobrietà e la continenza, i toni misurati, nel segno di un rispetto (reciproco) che non c’è più. Purtroppo.
RED.ISM