“Quando parli di affari con tuo fratello sii gentile, ma ricorda di avere sempre un testimone”: se la frase è attribuita a Esiodo, poeta greco antico vissuto fra l’VIII e il VII secolo, non stupisce affatto la faida familiare che in queste ore si è scatenata sulla dinastia De Benedetti.
Carlo, meglio conosciuto come “l’ingegnere” o “Cidibì”, imprenditore e editore torinese naturalizzato in Svizzera, 85 anni, è partito all’attacco per riprendersi la “Gedi”, la sua creatura più riuscita: il gruppo editoriale che controlla la Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, L’Espresso, diversi quotidiani locali, tre radio nazionali (DeeJay, Capital e m2o) e altrettanti canali satellitari. Dalla Gedi, l’ingegnere era uscito tre anni fa cedendo le quote ai figli un anno dopo la fusione fra il gruppo l’Espresso, Repubblica e La Stampa, ma nelle scorse ore ha presentato a sorpresa un’offerta alla “Cir SpA”, la holding di famiglia, per l’acquisto del 29,9% delle azioni Gedi SpA, per una cifra calcolata in 38 milioni di euro.
La proposta di acquisto, accompagnata da una lettera in cui l’ingegnere spiega i motivi: “La mia iniziativa è volta a rilanciare il gruppo al quale sono stato associato per lunga parte della mia vita e che ho presieduto per dieci anni, promuovendone le straordinarie potenzialità. È chiaro che, conoscendo bene il settore, mi sono note le prospettive difficili, ma credo che con passione, impegno, consenso e competenza, il Gruppo possa avere un futuro coerente con la sua grande storia”. Nel testo dell’offerta, anche alcune condizioni: dimissioni del cda, ad eccezione di John Philip Elkann e di Carlo Perrone, che “potranno mantenere le cariche e i poteri attuali”.
Ma alla Cir, società guidata dai tre fratelli De Benedetti – Rodolfo, Marco ed Edoardo – l’uscita non è piaciuta per niente: “Con riferimento alla comunicazione diffusa dall’ing. Carlo De Benedetti, relativa all’offerta non sollecitata né concordata da egli presentata lo scorso venerdì, Cir rende noto di ritenere detta offerta manifestamente irricevibile in quanto del tutto inadeguata a riconoscere a Cir SpA e agli azionisti il reale valore della partecipazione e assicurare prospettive sostenibili di lungo termine alla Gedi”. A margine, le parole decisamente dure di Rodolfo, primogenito dell’ingegnere: “Sono amareggiato e sconcertato dall’iniziativa presa da mio padre, il cui unico risultato consiste nel creare un’inutile distrazione, della quale certo non si sentiva il bisogno”.
Ancora prima del secco no dei tre figli, era arrivata una nota del comitato di redazione: “Anche in questo frangente, il Cdr si impegnerà per salvaguardare i valori e il lavoro quotidiano di una redazione che, sin dalla sua fondazione, ha contribuito a scrivere una delle pagine più importanti della storia civile e politica del Paese. Per discuterne l’assemblea dei giornalisti di repubblica è convocata domani, lunedì 14 ottobre, alle ore 15”.
Un anno fa erano circolate voci di una possibile vendita del quotidiano Repubblica all’imprenditore di origine ceca Daniel Kretinsky, principale azionista di “Le Monde”, seguite qualche mese fa da altri “rumors” che questa volta aveva come protagonista una cordata formata da Flavio Cattaneo, Luca Cordero di Montezemolo e il fondo “Peninsula”.