1.109 giornalisti uccisi fra il 2006 ed il 2018: il 55% di loro si trovavano fuori da scenari di guerra, in paesi dove all’apparenza regnano la pace, la democrazia e la libertà di stampa, e nel 90% dai casi il loro omicidio è tutt’ora impunito. Sono i dati inquietanti forniti da un rapporto dell’Unesco pubblicato nel giorno della quinta edizione della Giornata internazionale che pretende la fine dell’impunità per i crimini contro i giornalisti.
“Quando i giornalisti sono presi di mira, la società paga il prezzo - ha dichiarato il Segretario Generale dell’Onu, Antonio Guterres – e se non riusciamo a proteggerli, sarà estremamente difficile per noi rimanere informati e contribuire al processo decisionale. Se i giornalisti non riescono a fare il loro lavoro in sicurezza, il mondo di domani sarà segnato da confusione e disinformazione. Senza libertà d’espressione e media liberi sarà impossibile far progredire la democrazia e raggiungere gli obiettivi di sviluppo che ci siamo preposti”.
“Non c’è democrazia senza la libertà di stampa – ha commentato su Twitter David Sassoli, presidente del Parlamento Europeo – rendiamo omaggio a Daphne Caruana Galizia, Jan Kuciak e tutti coloro che in tutto il mondo hanno perso la vita o hanno subito attacchi per aver svolto il loro lavoro”.
Il rapporto evidenzia i luoghi dove la professione è più pericolosa: gli Stati Arabi, l’America Latina, i Caraibi e l’Asia, e la maggioranza dei giornalisti uccisi sono professionisti che si occupavano di politica, criminalità e corruzione. Voci scomode da mettere al silenzio, ad ogni costo.
Il rapporto registra comunque un calo degli omicidi nei primi mesi di quest’anno rispetto ai dati del 2018: 44 uccisioni al 30 ottobre, contro i 90 dello scorso anno.
Ma a preoccupare è anche un atteggiamento generale di ostilità verso i giornalisti, sempre di più oggetto di minacce, percosse e attentati alla loro sicurezza. Ma la missione di raccontare la verità deve fare i conti anche con querele, arresti, divieto di accesso alle informazioni, mancanza di indagini e procedimenti penali. E ben peggio, ha concluso Gutierrres, sono gli attacchi contro le giornaliste donne: “Più esposte alla violenza, all’odio razziale, alle minacce e alle aggressioni sessuali”.