Nell’escalation di tensioni con Washington, la Cina ha annunciato di espellere i giornalisti di tre importanti media statunitensi: New York Times, Washington Post e Wall Street Journal. La decisione, con effetto immediato, obbliga corrispondenti e inviati (in numero non ancora precisato) a restituire l’accredito stampa entro 10 giorni. Negli ultimi anni, la Cina ha rilasciato ai giornalisti visti limitati a 12 mesi, il che significa che la decisione potrebbe avere un impatto sostanziale sui tre quotidiani.
Con una mossa senza precedenti, il governo ha annunciato che, oltre a non poter svolgere attività giornalistiche all’interno della Cina continentale, a restrizione sarà valida anche per le città semi-autonome di Macao e Hong Kong, destinazioni preferite dai giornalisti bloccate in precedenza da Pechino.
La decisione arriva meno di un mese dopo che gli Stati Uniti hanno indicato cinque media cinesi come “missioni estere” limitando il numero di giornalisti cinesi che lavorano negli Stati Uniti. Il cambiamento di designazione significa che queste società avranno ora bisogno dell’approvazione del governo statunitense per acquistare o affittare spazi per gli uffici e dovranno registrare ogni cambiamento di personale, incluse le nuove assunzioni e le partenze, presso il Dipartimento di Stato, al pari delle missioni diplomatiche straniere.
Il 13 marzo è entrato in vigore il limite massimo voluto dal Dipartimento di Stato sul numero di cittadini cinesi che possono essere impiegati in quattro di cinque media cinesi. “Negli ultimi anni, il governo degli Stati Uniti ha imposto restrizioni ingiustificate alle agenzie e al personale dei media cinesi negli Stati Uniti, ha reso il loro lavoro difficile e li ha sottoposti a una crescente discriminazione e a un’oppressione politica”, ha riferito il Ministero degli Affari Esteri cinese in una dichiarazione.
Il Dipartimento di Stato americano non ha commentato, ma il Segretario di Stato Mike Pompeo ha accennato alla questione in una conferenza stampa: “Mi dispiace che la Cina abbia deciso di precludere ulteriormente la possibilità di una stampa libera, sarebbe stato un bene per il popolo cinese in questi tempi incredibilmente impegnativi a livello globale, dove più informazioni e più trasparenza sono ciò che salverà le vite”.
Per contro, la Cina ha annunciato altre contromisure che avranno effetto immediato, richiedendo agli uffici cinesi di Voice of America, New York Times, Wall Street Journal, Washington Post e del Time di presentare gli elenchi di personale, la situazione finanziaria e le proprietà.
Marty Baron, direttore esecutivo del Washington Post, ha dichiarato che la testata condanna “qualsiasi azione da parte della Cina di espellere i giornalisti statunitensi. La decisione del governo cinese è particolarmente deplorevole perché arriva nel mezzo di una crisi globale senza precedenti, quando informazioni chiare e affidabili sulla risposta internazionale a Covid-19 sono essenziali. Limitare fortemente il flusso delle informazioni non fa che aggravare la situazione”.
Il caporedattore del Journal, Matt Murray, ha fatto allusioni alla pandemia di coronavirus per spiegare l’ultima mossa di Pechino: “L’attacco senza precedenti della Cina alla libertà di stampa arriva in un momento di crisi globale, quando le notizie attendibili sulla Cina non sono mai state così importanti. Ci opponiamo all’interferenza del governo con una stampa libera in qualsiasi parte del mondo. Il nostro impegno a raccontare in modo completo e approfondito la situazione in Cina è immutato”. Murray ha già dovuto vedersela con il governo cinese lo scorso febbraio, con la revoca delle credenziali di stampa inflitta a tre giornalisti del Wall Street Journal, in quella che era stato indicata come la più grande espulsione di media d’oltremare dal Paese in più di tre decenni.
Altrettanto duro il direttore esecutivo del New York Times, Dean Baquet: “Condanniamo fermamente la decisione delle autorità cinesi di espellere i giornalisti americani, un’azione particolarmente irresponsabile in un momento in cui il mondo ha bisogno di un flusso libero e aperto di informazioni credibili sulla pandemia del coronavirus”.
La direttrice di Voice of America Amanda Bennett ha detto che la sua organizzazione, un’emittente pubblica che riceve finanziamenti dal governo degli Stati Uniti, rivedrà le misure della Cina. Nel frattempo, VOA “continuerà ad impegnarsi come una fonte di notizie costantemente affidabile, fidata e autorevole per il nostro pubblico di lingua cinese”.
Il caporedattore e CEO di TIME, Edward Felsenthal, ha dichiarato che la decisione “si oppone al principio della stampa libera”.