Ci sono i politici che prendono le decisioni, e i soldati che le vivono sulla pelle: sta succedendo in una delle zone più martoriate del mondo, dove la presenza delle truppe americane faceva da cuscinetto alla furia del presidente turco Erdogan verso il popolo curdo. Ma l’America ha smobilitato le truppe, dando via libera ad un massacro che si sta consumando sotto gli occhi del mondo, ancora indeciso sul da farsi.
Sul campo restano militari e funzionari della difesa statunitensi, che hanno obbedito agli ordini lasciando un senso di rabbia e frustrazione per il rifiuto dell’amministrazione Trump di sostenere i curdi siriani di fronte all’assalto militare turco. Gli inviati della CNN non possono fare a meno di riportare le lamentele dell’esercito statunitense, sgomento di fronte ad una gestione dell’emergenza scriteriata.
Sanno bene, i militari americani, che sono i curdi ad aver fatto il lavoro sporco, aiutando il mondo a debellare la minaccia degli tagliagole dell’Isis.
“Le Forze Democratiche siriane guidate dai curdi stanno combattendo una forza che vuole eliminare il loro popolo: e noi abbiamo dato il semaforo verde al massacro”, è il commento di un funzionario della difesa statunitense. Anche un altro ufficiale coinvolto nelle operazioni in Siria non ha esitato a dire che si “vergogna per le azioni del suo paese”.
Lo stesso malcontento che serpeggia negli Stati Uniti, dove perfino i Repubblicani hanno commentato duramente la decisione di Trump, bollata come un tradimento: un errore strategico che indebolirà la credibilità americana e renderà più difficile per gli Stati Uniti costruire alleanze, dando in più una spinta alla Russia e all’Iran.
La Turchia ha lanciato un’incursione a lungo minacciata dopo che Trump ha ordinato il ritiro di un piccolo contingente di truppe americane dalla zona di confine, nella convinzione che un assalto turco fosse imminente. Accuse che i funzionari dell’amministrazione Trump hanno respinto, sostenendo che la Turchia avrebbe attaccato i curdi anche se le truppe statunitensi fossero rimaste.
L’amministrazione Trump ha cercato tardivamente di fermare l’avanzata turca annunciando una serie di sanzioni contro i ministri della Difesa, dell’Energia e dell’Interno: il vicepresidente Mike Pence ha anche rivelato che Trump ha parlato sia con il presidente turco Erdogan che con il leader curdo delle forze democratiche siriane, il generale Mazloum Kobani Abdi, aggiungendo di aver “ricevuto un fermo impegno” da parte di Erdogan a non attaccare la città curda siriana di Kobane.
Pence ha aggiunto che gli Stati Uniti stanno lavorando per stabilire un cessate il fuoco tra le fazioni in guerra, tuttavia, con l’ordine di ritirare tutte le truppe statunitensi dall’area, gli Stati Uniti avranno difficoltà a monitorare l’applicazione di un cessate il fuoco, e non è chiaro neanche quale leva potranno usare gli Stati Uniti.
Una parte della frustrazione del personale americano si basa sul fatto che, per placare la Turchia, gli Stati Uniti hanno convinto i curdi siriani a smantellare le loro fortificazioni difensive lungo il confine e a ritirare i loro combattenti. Le alte sfere livello dell’amministrazione Trump insistono: gli Stati Uniti non hanno abbandonato i curdi siriani, anche se aggiungono che non interverranno.
Non è questo il sentimento che circolare nelle file dei soldati americani: “Vorremmo offrire un sostegno: non vogliamo lasciarli in questa situazione”.