Il Sultanato del Brunei, piccola isola del Borneo, è celebre per la ricchezza: il Sultano, in carica dal 1967, è uno degli uomini più ricchi al mondo, con 20 miliardi di dollari sul conto personale. Ma sono così alti i proventi derivanti dal petrolio da aver spinto lo Stato a non richiedere ai propri cittadini tasse e imposte di alcun tipo, garantendo scuola e sanità a tutti in modo totalmente gratuito. Una forma di civiltà invidiata quasi ovunque, che però va a scontrarsi con altre imposizioni, perfino peggiori. Dal 3 aprile prossimo, entrerà in vigore un nuovo codice penale basato sulla “sharia” che prevede la pena coranica per chi si macchina di omosessualità, adulterio e furto. Le pene previste, terribili, includono la lapidazione e l’amputazione di una mano o un piede in caso di furto.
L’intenzione di introdurre le pene corporali della sharia era stato ventilato nel 2014, e vanno ad aggiungersi a multe e condanne per chi non va alla preghiera del venerdì. La legge si applicherà solo ai musulmani, i due terzi della popolazione.
Immediata la reazione di “Amnesty International”, che parla di “barbarie da fermare immediatamente” aggiungendo che alcuni dei reati puniti “non dovrebbero neanche essere reati, come i rapporti consensuali fra persone dello stesso sesso”.