Di Germano Longo
Il conteggio, ancora parziale, parla ormai di 32 class action presentate nei soli Stati Uniti contro Apple, il colosso informatico di Cupertino, accusato di aver deliberatamente rallentato gli iPhone e convincere i possessori ad acquistare i modelli nuovi. E questo senza contare le denunce singole, come quella di Violetta Mailyan, che sentendosi fregata ha richiesto mille miliardi di dollari di risarcimento e quello di Raisa Drantivy, che ha scelto di fermarsi a 100 milioni.Le ultime due class-action arrivano da San Jose, contea di Santa Clara, California, ma già un’altra è pronta al via, questa volta dalla Corea del Sud, dove secondo l’associazione dei consumatori “Citizens United for Consumer Sovereignty”, sta per essere depositata la causa collettiva di un centinaio di clienti, pronti a chiedere 1.700 euro a testa di risarcimento.
A tutto questo, va aggiunta l’indagine della procura della Repubblica di Nanterre, che ha aperto un fascicolo d’inchiesta per verificare se esistono gli estremi della truffa. Un’indagine resa necessaria dalla denuncia di un’associazione dello scorso dicembre, che accusava Apple di diminuire in modo volontario la durata dei propri smartphone, appellandosi ad una legge francese che in casi simili prevede fino a due anni di carcere e 300 mila euro di multa.
Apple, per la verità, ha tentato di smorzare la polemica sul nascere, negando le accuse di “obsolescenza programmata” con una lettera, dopo una mezza ammissione di colpa e una campagna di parziale risarcimento in cui ha offerto di sostituire le vecchie batterie a prezzi stracciati, oltre a rendere disponibile un aggiornamento specifico di iOS per controllare lo stato di salute delle proprie batterie.
L’importante, per l’azienda guidata da Tim Cook, salvaguardare il futuro dell’iPhone, in assoluto il prodotto più venduto di Apple, nel solo 2017 venduto in 223 milioni di esemplari in tutto il mondo.