Sono epocali, i dati diffusi dal Global Trend dell’UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees), l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Numeri impressionanti, che raccontano per il solo 2018 di oltre 70 milioni di persone in fuga da fame, malattie, guerre e violenze: un mondo in movimento, per la metà composto da giovani al di sotto dei 18 anni, che nel giro di un solo decennio è aumentato in modo vertiginoso, passando dai 43 milioni di un decennio fa.
Diversi sono i punti di crisi che hanno aumentato la cifra: il conflitto in Siria, ma anche e soprattutto la situazione in Venezuela, da cui lo scorso anno 3 milioni di persone hanno scelto di lasciare il Paese, a ritmi di 5.000 al giorno.
Le sorprese arrivano invece dalla “classifica” dei paesi che, in modo proporzionale ai residenti, ospitano più migranti: in testa, a sorpresa, c’è il Libano, ma anche la Turchia, il Pakistan, l’Uganda, il Sudan e la Germania, che ha accolto oltre un milione di profughi. C’è chi prova a rientrare nel proprio paese, come le 210mila persone che hanno tentato di tornare in Siria, ma la situazione non permette al paese di attuare una politica sui rimpatri.
E dovrebbe far pensare il dato secondo cui i paesi definiti ad alto reddito accolgono in media 2,7 rifugiati ogni 1000 abitanti, quelli medio e medio-basso salgono a 5,8. I più poveri, accolgono un terzo del numero totale, mentre i ricchi nicchiano.
Il report si conclude invitando i Paesi a varare politiche di reinsediamento, ma per garantire una risposta iniziale servirebbero posti sicuri per quasi 1,5 milioni di rifugiati, a fronte degli 81.300 messi a disposizione dagli Stati.