Il Regno Unito si prepara ad accogliere decine di migliaia di persone in fuga da Hong Kong, con l’adozione di un nuovo visto valido per i residenti dell’ex colonia britannica. È una delle conseguenze alla scelta di Pechino dello scorso anno di imporre una legge sulla sicurezza nazionale che, secondo le associazioni umanitarie e gli esperti, ha letteralmente spogliato la città della sua autonomia e delle preziose libertà civili e sociali di cui godeva, cementando il dominio autoritario di Pechino su tutto il territorio. Da allora, molti attivisti sono fuggiti, mentre altri hanno iniziato a organizzarsi silenziosamente per trasferirsi all’estero. La legge criminalizza la secessione, la sovversione e la collusione con forze straniere, e prevede una pena massima che può arrivare all’ergastolo.
Poco dopo la proposta, il governo britannico ha annunciato che avrebbe fornito un nuovo percorso verso la cittadinanza inglese per i titolari di passaporti British National (Overseas), introdotti negli ultimi anni del dominio britannico su Hong Kong, permettendo ai residenti di mantenere una sorta di status di cittadinanza britannica, anche se senza alcun diritto di residenza a lungo termine nel Regno Unito.
Con il nuovo programma, coloro che godono dello status e i loro familiari potranno scegliere il Regno Unito per vivere, studiare e lavorare, diventando idonei per la cittadinanza nell’arco di 12 mesi. In una dichiarazione, il premier Boris Johnson ha affermato che la scelta “onora i nostri profondi legami di storia e di amicizia con il popolo di Hong Kong, difendendone la libertà e l’autonomia, valori cari sia al Regno Unito che ad Hong Kong”.
Secondo i dati dell’Home Office britannico, dal luglio 2019, quando le proteste antigovernative sono scoppiate in tutta la città, sono stati rilasciati oltre 400mila passaporti BN(O) a residenti di Hong Kong, più del totale dei 15 anni precedenti.
Al momento in cui è stata proposta la legge sulla sicurezza nazionale, il numero di passaporti rilasciati è balzato da 7.515 nel giugno 2020 a oltre 24.000 nel mese di luglio. Numeri che potrebbero anche essere inferiori alla quantità di persone che hanno presentato domanda, poiché la pandemia sembra aver avuto un impatto sull’elaborazione dei passaporti.
Prima che il Regno Unito annunciasse il nuovo percorso verso la cittadinanza, c’erano circa 350mila titolari di passaporto BN(O), ma il numero di persone che sono idonee - quelle nate prima del 1997, nella Hong Kong governata dai britannici - potrebbe arrivare a 3 milioni.
La Cina ha reagito con rabbia al piano, sostenendo che viola l’accordo in base al quale Hong Kong è stata consegnata dal dominio britannico a quello cinese, mentre Londra replica sostenendo che il passaggio sia minato dalla legge sulla sicurezza nazionale.
Nel corso di una conferenza stampa, il portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian ha accusato il Regno Unito di “non tenere conto del fatto che Hong Kong è tornata alla madrepatria ormai da 24 anni”, violando le promesse fatte al momento dell’handover. Il percorso verso la cittadinanza “viola gravemente la sovranità cinese, interferisce grossolanamente negli affari di Hong Kong e negli affari interni della Cina, e viola gravemente il diritto internazionale e le norme fondamentali delle relazioni internazionali”.
Dal 31 gennaio, ha detto Zhao, la Cina non riconoscerà più i passaporti BN(O) come documenti di viaggio o di identificazione, “e si riserva il diritto di varare ulteriori misure”. Poche ore dopo, il governo di Hong Kong ha annunciando attraverso un comunicato stampa che i passaporti BN(O) sono stati rimossi dalla lista dei documenti di viaggio accettati.
Non è chiaro quali effetti pratici avranno queste contromisure, tuttavia, dato che la maggior parte dei residenti di Hong Kong, sia stranieri che cinesi, usano carte d’identità emesse localmente per entrare o uscire dal territorio. Molti di coloro che hanno diritto a un passaporto BN(O) avranno anche il diritto di richiedere, o potrebbero già possedere, un passaporto di Hong Kong. Date le conseguenze limitate della risposta di Pechino, molti sono convinti ulteriori restrizioni potrebbero essere in arrivo, specialmente se nei prossimi mesi un gran numero di persone lascerà la città.
Secondo il quotidiano “South China Morning Post”, Pechino starebbe pensando di privare i titolari di passaporto BN(O) del diritto di ricoprire cariche pubbliche e del diritto di voto. “I cinesi di Hong Kong che acquisiscono una nazionalità straniera di loro spontanea volontà, saranno considerati come se avessero perso la nazionalità cinese, in stretta conformità con l’articolo 9. Quando prendono la decisione di andarsene e implicitamente di rinunciare a Hong Kong, è giusto che venga loro chiesto di fare una scelta fra la Cina o un paese straniero: nel secondo caso perderanno cittadinanza, diritto di residenza e di voto”.
Nonostante le minacce, gli esperti stimano che fino a 600mila hongkonghesi potrebbero trasferirsi nel Regno Unito entro i primi tre anni, aumentando ancora per via delle continue misure repressive previste dalla legge sulla sicurezza nazionale. Ma i titolari di BN(O) potrebbero essere non essere gli unici ad andarsene: intorno al periodo dell’handover, nel 1997, molti hongkonghesi hanno acquisito la cittadinanza straniera, specialmente in paesi del Commonwealth come il Canada e l’Australia, che all’epoca avevano entrambi politiche di immigrazione generose.
Anche gli attivisti e i manifestanti pro-democrazia che non possiedono la cittadinanza straniera hanno iniziato a chiedere asilo all’estero in numero maggiore, in particolare sulla scia del giro di vite dell’anno scorso contro coloro che hanno preso parte alle agitazioni del 2019. Nel dicembre 2020, l’ex legislatore Ted Hui è fuggito da Hong Kong approfittando di una finta conferenza sull’ambiente, per chiedere asilo nel Regno Unito. Anche Nathan Law, ex leader del Movimento degli Ombrelli, ha chiesto asilo, mentre molti altri hanno cercato protezione in Germania, Stati Uniti e Australia.
Eppure, fuggire oltreoceano non sempre equivale alla completa libertà: Law e altri esuli si sono lamentati di essere pedinati e persino molestati da persone che ritengono essere agenti del governo cinese, un’accusa che i rappresentanti di Pechino hanno negato. Sono anche limitati nelle comunicazioni che possono avere con la famiglia e gli amici a Hong Kong, per paura di finire nei guai con le autorità.
Mentre la maggior parte dei titolari di BN(O) che vivono nel Regno Unito è improbabile che siano monitorati, l’agitazione intorno al nuovo schema può rendere difficile il ritorno per coloro che decidono di non voler rimanere in Gran Bretagna. Ray Wong, un attivista che è fuggito in Germania nel 2017, diventando tra i primi hongkonghesi a ottenere asilo in Europa, ha confessato in un’intervista che di Hong Kong gli mancava tutto: “Mi manca essere circondato da persone della mia etnia che parlano cantonese. Mi manca persino il clima, che raramente è gradevole”.