Circa 20 anni fa, mentre viaggiava attraverso la Russia con il suo treno blindato, Kim Jong Il avrebbe fatto una rara confidenza ad uno straniero. Era il 2001 e il leader nordcoreano era impegnato in un tour di tre settimane lungo il Paese. Ad accompagnarlo c’era Konstantin Pulikovsky, uno stimato diplomatico russo che ha colto la rara opportunità di parlare senza protocolli e domande stabilite a priori con uno dei leader più solitari al mondo.
Kim aveva sette figli: il più giovane e futuro successore, Kim Jong-Un, all’epoca era un adolescente. Anni dopo, la salute del leader nordcoreano ha iniziato a cedere, e non è chiaro se avesse stabilito come mantenere la dinastia familiare. Quando Pulikovsky gli chiese dei figli, Kim parlò molto bene delle sue due femmine, mentre definiva i maschi delle “teste vuote”.
Michael Madden, un esperto nella leadership della Corea del Nord, ha ripetuto questo aneddoto molte volte quando gli è stato chiesto della famiglia: “Kim Jong Il amava i suoi figli, ma non aveva un’alta opinione di ciò che stavano facendo della loro vita”. Nonostante tutto, alla fine Kim avrebbe scelto il figlio più giovane come successore, e non sarà mai possibile sapere se in realtà avesse preso in considerazione una delle sue figlie. Kenji Fujimoto, ex chef della famiglia Kim, ha svelato al Washington Post che Kim Jong Il chiamava la figlia “principessa Yo Jong” e “dolce Yo”. Sembrava avesse scelto, ma può essere stato indotto a cambiare idea per la difficoltà di nominare una donna come leader di un Paese notoriamente patriarcale e maschilista.
Eppure la posizione di Kim Yo Jong, la sorella del leader, è significativa: il suo nome è stato tra i primi come possibile successore quando il fratello è scomparso per quasi tre settimane. Una misteriosa assenza che ha suscitato importanti domande sui piani futuri della Corea del Nord poiché il loro leader è in sovrappeso ed è un fumatore e un bevitore incallito.
La Corea del Nord non è certo il baluardo dell’uguaglianza che Kim Il Sung aveva promesso di raggiungere: mentre le donne rappresentano una parte importante della forza lavoro, sono vittime di una diffusa discriminazione e a loro sono negate le stesse opportunità professionali e sociali degli uomini. Anche la violenza sessuale è un problema importante. Secondo Human Rights Watch “È così comune che è arrivata ad essere accettata come parte della vita ordinaria”. Il regime nega, come fa sempre di fronte a qualsiasi accusa.
Ma un indizio sull’importanza di Kim Yo Jong c’è: nel 2018, ha messo piede sul suolo sudcoreano per rappresentare il regime alle Olimpiadi invernali nella città sudcoreana di Pyeongchang. Ai tempi non era nemmeno un membro politico di alto profilo: il titolo apparteneva a Kim Yong Nam, all’epoca capo dello Stato. La sua presenza finì per attirare tutte le attenzioni: i sudcoreani sapevano poco di lei, e il mistero suscitava curiosità. La gente era affascinata da un rappresentante dai modi molto gentili di quello che viene spesso dipinto come un paese arretrato. In qualità di governatore della provincia sudcoreana dove si sono svolte le Olimpiadi, Choi Moon-soon ha incontrato Kim Yo Jong, descrivendola come “molto calma e sicura di sé. Una donna di poche parole che parla in modo preciso e diretto”.
Durante il suo viaggio, Kim Yo Jong ha fatto il tifo per la squadra di hockey intercoreana e partecipato alle cerimonie di apertura al fianco del presidente sudcoreano Moon Jae-in e del vicepresidente statunitense Mike Pence, che ha scelto di non stringerle la mano. È stata fotografata mentre assisteva a eventi ed esibizioni, sorridendo e sembrando a suo agio. La stampa l’ha addirittura definita una sorta Ivanka Trump nordcoreana.
La presenza di Kim Yo Jong ha fatto la storia: poco tempo dopo è diventata il primo membro della famiglia regnante ad andare a sud del 38° parallelo dal 1953, quando si era conclusa la guerra fra le due Coree.
Gli esperti sanno che Kim Yo Jong è uno dei principali confidenti del leader: in qualità di vicedirettore del Dipartimento di Propaganda del Partito dei Lavoratori, è responsabile dell’immagine pubblica del regime. L’anno prima della visita in Corea del Sud si era anche unita al Politburo del Paese - l'organo superiore del partito al governo della Corea del Nord - come membro supplente, aggiungendo un altro importante titolo al suo curriculum.
Quella visita è stato un colpo da maestro nelle pubbliche relazioni del Paese. Ha dato un volto umano ad un regime che all’epoca l’amministrazione Trump cercava di punire. E di fatto ha gettato anche le basi per la spinta diplomatica del fratello, che lo avrebbe visto diventare il primo leader nordcoreano a incontrare faccia a faccia un presidente americano.