“I cristiani iracheni non possono essere delusi per la seconda volta”. Malgrado rischi altissimi e il pericolo Covid, Papa Francesco ha fortemente voluto il suo viaggio in Iraq, in assoluto la prima visita papale nella storia del Paese e il primo viaggio internazionale dall’inizio della pandemia.
I quattro giorni del viaggio hanno lo scopo di rassicurare la comunità cristiana irachena e promuovere il dialogo interreligioso: il Papa incontrerà il più venerato ecclesiastico musulmano sciita dell’Iraq, dirà una preghiera a Mosul e celebrerà la messa in uno stadio.
Era stato Giovanni Paolo II a cancellare i piani per un viaggio alla fine del 1999 dopo l’interruzione dei colloqui con il governo dell’allora presidente Saddam Hussein: nei due decenni successivi, una delle più antiche comunità cristiane al mondo ha visto il suo numero crollare da 1,4 milioni a circa 250.000 persone. Molti hanno scelto la via dell’estero per sfuggire alla violenza che ha afflitto il paese dall’invasione guidata dagli Stati Uniti nel 2003 che ha spodestato Saddam. Decine di migliaia sono stati sfollati nel 2014, quando i militanti dello Stato Islamico hanno invaso il nord dell’Iraq distruggendo chiese, sequestrando proprietà e offrendo la scelta di convertirsi, andarsene o affrontare la morte.
Papa Francesco mira a incoraggiare i cristiani perseguitati e a chiedere la pace negli incontri con i leader politici e religiosi: rivolgendosi al popolo iracheno in un video messaggio alla vigilia del suo viaggio, il Pontefice ha detto “Vengo come un pellegrino di pace penitente per implorare dal Signore il perdono e la riconciliazione dopo anni di guerra e terrorismo, per implorare a Dio la consolazione dei cuori e la guarigione delle ferite. Vengo tra voi anche come pellegrino di pace in cerca di fraternità, spinto dal desiderio di pregare e camminare insieme ai nostri fratelli e sorelle di altre tradizioni religiose, sui passi del padre Abramo, che unisce in una sola famiglia musulmani, ebrei e cristiani”. Poi, rivolgendosi ai cristiani iracheni: “Voglio portarvi la carezza affettuosa di tutta la Chiesa, che è vicina a voi e al Medio Oriente martoriato dalla guerra, e vi incoraggia ad andare avanti”.
Secondo il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, i leader cristiani stimano che ci siano ormai meno di 250.000 cristiani rimasti in Iraq, con la popolazione più grande che vive nella pianura di Ninive e nella regione del Kurdistan, nel nord del paese. Circa il 67% di questi sono cattolici caldei, la cui Chiesa di rito orientale mantiene la propria liturgia e tradizioni ma riconosce l’autorità del papa a Roma. Un altro 20% è membro della Chiesa assira d’Oriente, che si ritiene sia la più antica dell’Iraq. Il resto sono siriaci ortodossi, siriaci cattolici, armeni cattolici, armeni apostolici, così come anglicani, evangelici e protestanti.
A causa delle preoccupazioni per la sicurezza e di un forte aumento del numero di infezioni da Covid-19, il Papa avrà rare occasioni di contatti pubblici, anche per i timori che il viaggio possa diventare una pericola occasione di diffusione del virus.
Papa Francesco sarà accolto dal primo ministro e dal presidente dell’Iraq poco prima di incontrare vescovi di altro clero in una chiesa cattolica siriaca nella capitale, Nostra Signora della Salvezza, dove 52 cristiani sono stati massacrati in un attacco jihadista nel 2010.
Sabato, il papa volerà a sud verso la città santa sciita di Najaf, dove visiterà il Gran Ayatollah Ali al-Sistani. Il 90enne è il primo marja, o riferimento spirituale, per milioni di sciiti in Iraq e altrove. Papa Francesco parteciperà poi a un incontro interreligioso nell’antico sito di Ur, tradizionalmente ritenuto il luogo di nascita del profeta Abramo. Domenica si recherà Mosul, dove reciterà una preghiera di suffragio nella Piazza della Chiesa per le vittime della guerra con l’Isis, costata migliaia di vite.
Il Papa visiterà anche la vicina Qaraqosh, dove i cristiani sono tornati dopo la sconfitta dello Stato islamico nel 2017 per restaurare la chiesa e ricostruire le loro case.
Nel pomeriggio, celebrerà la messa in uno stadio di Irbil, la capitale della regione semi-autonoma del Kurdistan, a cui potrebbero assistere migliaia di persone.
Circa 10.000 uomini delle forze di sicurezza irachene saranno schierati durante la visita a protezione del Papa, mentre è stato imposto il coprifuoco 24 ore su 24 per limitare la diffusione del Covid-19.