In tanti, poche ore dopo il massacro di Christchurch, in Nuova Zelanda, avevano parlato di un uomo che era riuscito ad opporsi al folle piano di Brenton Tarrant. Ma nessuno riusciva a capire con esattezza chi fosse.
L’ha rintracciato la Associated Press: si chiama Adbul Aziz, ha 48 anni, si trovava all’interno della moschea di Linwood, la seconda presa di mira da Tarrant dopo la strage alla “Al Noor”. Grazie al suo sangue freddo, il killer è riuscito “soltanto” uccidere 7 persone, un bilancio che avrebbe potuto essere ben più pesante.
Originario di Kabul, Afghanistan, da 25 anni vive con la moglie e figli in Nuova Zelanda, e come tutti i venerdì era nella moschea per il giorno di preghiera. L’Imam, Latef Alabi, si interrompe di colpo: dall’esterno giunge il suono sinistro e inconfondibile dei colpi d’arma da fuoco. Qualcuno guarda fuori dalla finestra e accanto ad un uomo vestito di scuro c’erano i corpi esanimi di due persone. L’Imam capisce. grida ai fedeli, un’ottantina di persone, di abbassarsi e cercare un riparo, ma un proiettile sfonda il vetro e colpisce uno dei presenti.
È il panico, a cui Adbul Aziz reagisce d’istinto: invece di cercare un rifugio sicuro esce dall’edificio e gli si avventa contro, sperando almeno di distrarlo il tempo necessario perché quelli rimasti dentro potessero fuggire. Oltre al coraggio ogni tanto ci vuole fortuna: come aveva già fatto nella prima moschea, Tarrant torna verso l’auto per cambiare pistola, e Aziz gli tira la prima cosa che si trova per le mani, un lettore di carte di credito poggiato su un tavolino della moschea. Il killer non molla: cerca Aziz per finirlo, ma lui riesce a nascondersi fra le auto parcheggiate. Vede una pistola per terra lasciata da Tannant, ma è scarica. L’attentatore torna verso l’auto per ricaricare le sue armi, e Aziz gli lancia la pistola contro il finestrino, che esplode in mille pezzi. L’uomo si spaventa, pensa ad un colpo d’arma da fuoco: fugge e abbandona il suo obiettivo.
“Se fosse riuscito ad entrare saremmo morti tutti - ripetono i testimoni – Aziz è un eroe, ci ha salvato la vita”. Ma lui non si sente per niente un eroe: racconta di aver agito d’istinto, senza neanche pensare alla conseguenze e senza ascoltare le grida dei suoi quattro figli che gli urlavano di rientrare nella moschea. “Volevo attirarlo nel parcheggio per salvare più persone possibili, ma probabilmente non mi ha visto. Sono andato nel retro e mentre correvo ho notato un cadavere con accanto una pistola, l’ho afferrata e ho iniziato a urlare ‘Sono fuori, ti sto aspettando’. Quando è uscito ho provato a sparare, ma la pistola era scarica. Quando è tornato verso la sua macchina per ricaricare gli ho lanciato la pistola contro il finestrino e si è spaventato”.