Non ci sono più dubbi: Aleksey Navalny è stato avvelenato. La conferma arriva dai medici dell’ospedale “Charité” di Berlino, dove l’oppositore russo è stato trasferito dalla Siberia, dopo aver bevuto un tè mentre era in volo fra Tomsk e Mosca.
Secondo i risultati clinici e gli esami effettuati da più laboratori indipendenti, per avere la certezza, a Navalny sarebbe stata somministrata una “sostanza che inibisce la colinesterasi”. Al momento, di che tipo di sostanza si tratti resta ancora un mistero, e con il passare dei giorni diventa sempre più difficile individuare tracce del veleno, anche se i sospetti vanno al temibile “Novichock”, il gas nervino protagonista del tentativo di avvelenamento dell’ex agente del KGB Sergey Spkripal e sua figlia Julia in Gran Bretagna. Per i medici tedeschi, anche se Navalny non sarebbe più in pericolo di vita, “non si possono escludere danni a lungo termine sul sistema nervoso”.
Una diagnosi che stride con quella dell’ospedale di Omsk, dove il dissidente russo è stato ricoverato dopo il malore rimanendo in coma per 48 ore, che oltre a rivendicare il merito di avergli salvato la vita, insistono nella loro versione: nel suo organismo non c’era traccia di veleni.
Immediata la condanna dell’Unione Europea, che per voce di Josip Borrell, alto rappresentante per la politica estera, ribadisce l’importanza di “avviare un’indagine indipendente e trasparente sull’accaduto. Il popolo russo, così come la comunità internazionale, chiedono la verità e che i responsabili siano consegnati alla giustizia”.