Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. La frase, attribuita a John Belushi e tratta dal film “Animal House”, calza perfettamente all’immagine che ama dare di sé il presidente russo Vladimir Putin.
Nel corso di una conferenza stampa, “Vlad” è entrato a gamba tesa nel caso di Aleksej Navalny, il blogger e attivista russo dell’opposizione vittima lo scorso 20 agosto di un tentativo di avvelenamento con “Novichock” da cui ne è uscito in extremis grazie al ricovero in Germania. Il caso si è riaperto di recente, dopo la pubblicazione di un’inchiesta giornalistica a cui hanno preso parte la “CNN”, “Bellingcat” e “Der Spiegel”, che avrebbe ricostruito con precisione gli avvenimenti di quel giorno, dimostrando la regia occulta dell’FSB, servizio segreto erede del “KGB”. Secondo il rapporto dell’inchiesta giornalistica, gli esperti tossicologici assicurano che in base al dosaggio e a come viene somministrato, il Novichok può impiegare fino a 12 ore prima di agire.
Citandolo senza mai nominarlo “il paziente della clinica di Berlino”, Putin ha prima affermato che Navalny “gode del sostegno dei servizi segreti statunitensi”, aggiungendo che se gli agenti russi avessero voluto ucciderlo avrebbero “finito il lavoro”. Ma se Navalny gode dell’appoggio americano, “allora è interessante, e i nostri servizi speciali sono obbligati a tenerlo d’occhio. Ma questo non significa che debba essere avvelenato, è una voce messa in giro per attaccare la Russia. In realtà non c’è nulla di nuovo e sorprendente in questa vicenda: storie simili di fantasia ci sono sempre state e sempre ce ne saranno”.
Subito dopo la conferenza stampa di Putin, il Dipartimento di Stato americano ha ribadito che la Russia ha la responsabilità dell’avvelenamento e della “spudorata campagna di disinformazione” per spostare il baricentro dei sospetti. “La Russia ha fornito solo fantasiose teorie alternative nel tentativo di seminare il dubbio. Il loro obiettivo è quello di indurre la gente a chiedersi se possa esserci un’altra spiegazione plausibile per l'avvelenamento di Navalny con il gas nervino – ha commentato un portavoce del Dipartimento di Stato – e semplicemente non c’è”.
Navalny, che continua la convalescenza in Germania dopo aver trascorso settimane in coma nella clinica “Charite” di Berlino, giovedì ha risposto per la prima volta alle domande delle autorità russe sull’avvelenamento: “Ho passato tutta la prima metà della giornata nell’ufficio del procuratore tedesco. Mi hanno interrogato su richiesta della Russia: le risposte sono state protocollate e saranno inviate a Mosca”.
Putin ha anche affrontato la questione delle tormentate relazioni fra Russia e Stati Uniti, affermando di sperare con l’arrivo dell’amministrazione Biden nella soluzione di alcuni problemi. Un giornalista dell’emittente televisiva RTVI ha anche chiesto a Putin se la Russia sarebbe stata disposta a sostenere Trump e a concedergli asilo. “Non ha alcun bisogno di un ruolo qui da noi: quasi il 50% della popolazione ha votato per lui, se contiamo il voto popolare - ha replicato Putin - ha un’ampia base all’interno degli Stati Uniti e, da quanto ho capito non ha intenzione di lasciare la vita politica del suo Paese”.
Al potere da due decenni, Putin ha concluso affermando di non aver ancora deciso se si candiderà di nuovo alla presidenza nel 2024, quando scadrà il suo mandato. Un emendamento costituzionale votato all’inizio di quest’anno e approvato da un referendum potrebbe permettergli di rimanere al potere fino al 2036, ma da tempo circolano voci sul suo stato di salute precario. All’inizio della conferenza stampa, il presidente russo ha confermato di non essere ancora stato vaccinato con lo Sputnik V in quanto non è raccomandato per persone con più di 60 anni.