Secondo i medici dell’ospedale dove era ricoverato da due giorni, Alexej Navalny, leader dell’opposizione russa, può tornare in carcere: l’attacco di orticaria di cui è stato vittima è ormai in via di guarigione. Il principale oppositore di Putin era stato portato in ospedale per un rigonfiamento del volto, un’infezione all’occhio destro e una forte eruzione cutanea: si pensava inizialmente ad una reazione allergica, ma per la sua portavoce, Kira Yarmysh, per la dottoressa Anastasia Vasilieva, che ha potuto vedere attraverso un vetro il leader dell’opposizione, e per il suo legale, l’avvocato Olga Mikhailova, Alexej Navalny potrebbe essere entrato in contatto di una misteriosa sostanza chimica altamente tossica, una sorta di marchio di fabbrica russo. “Non è un’ipotesi da escludere – ha scritto la dottoressa sui social – un danno alla cute e alle membrane mucose dovuto ad una sostanza chimica non nota. La responsabilità è dei medici dell’ospedale: rimandare Navalny nello stesso posto in cui è probabilmente presente l’agente chimico potrebbe avere conseguenze gravi. Non credo sia giusto, ho fatto quel che potevo per convincere i colleghi che sarebbe stato necessario lasciarlo sotto osservazione per almeno tre giorni, fino ai risultati delle analisi. Ma a causa di ordini ‘dall’alto’, è stato rispedito nel centro di detenzione”.
A rendere ancora più fumosa la situazione ci ha pensato Leonid Volkov, dissidente e collaboratore di Navalny, che ha raccontato di aver avuto i medesimi sintomi dopo aver trascorso alcuni giorni nella stessa cella in cui si trova il leader dell’opposizione russa.
Aleksej Navalny, 43 anni, avvocato, è il segretario del Partito del Progresso ed ha assunto la carica di presidente della Colazione Democratica dopo l’assassinio di Boris Nemcov, ucciso nel febbraio del 2015: sta scontando 30 giorni di reclusione per aver indetto senza autorizzazione una manifestazione di protesta contro l’esclusione di alcuni candidati alle elezioni locali, culminata con oltre 1.000 arresti. È l’ennesima condanna che sconta dal 2011, malgrado sul suo conto si sia espressa la corte europea dei diritti umani, definendo più volte la sua detenzione “arbitraria”.