Il primo ministro thailandese Prayut Chan-o-cha ha annunciato di essere pronto a revocare le misure di emergenza imposte a Bangkok come reazione all’ondata di proteste antigovernative che negli ultimi mesi hanno infiammato la capitale e altre città per chiedere una nuova costituzione, la riforma della monarchia e le sue dimissioni.
“I manifestanti hanno fatto sentire la loro voce e le loro opinioni. Come leader della nazione e responsabile del benessere di tutti i thailandesi - siano essi manifestanti o la maggioranza silenziosa con qualsiasi convinzione politica - farò la prima mossa per disinnescare questa situazione”.
La revoca dello stato di emergenza nella capitale – ha aggiunto – avverrà ha una condizione: “che non ci siano altri incidenti e violenze. Chiedo ai manifestanti di ricambiare e di abbassare i toni che fomentano odio e divisione, e di lasciare che l’impegno comune disperda la nube oscura che grava sul nostro Paese”.
Nel frattempo, una sessione parlamentare straordinaria ha ricevuto il consenso di re Maha Vajiralongkorn nel nome “dell’interesse nazionale” e sarà convocata a partire da lunedì: il Parlamento tailandese è in pausa, ma sarà richiamato d’urgenza per discutere della crisi.
Nel frattempo, i manifestanti guidati da giovani e studenti hanno continuato a sfidare lo stato di emergenza che ha vieta gli assembramenti per più di cinque persone, punisce la divulgazione di informazioni “false” e concesso ampi poteri alle forze di polizia.
Decine di migliaia di manifestanti a favore della democrazia si sono radunati a Bangkok e in altre città durante il fine settimana, galvanizzati dagli scontri sempre più aspri tra polizia e manifestanti. In molti, comprese diverse celebrità, hanno pubblicamente condannato l’uso di cannoni ad acqua e gas lacrimogeni da parte della polizia per disperdere la folla dei manifestanti.
Il movimento di protesta iniziato dai giovani ha attratto il sostegno di uno spaccato più ampio della società: marce e raduni in stile flash-mob sono organizzati online su piattaforme di messaggistica come Telegram, e i luoghi di ritrovo annunciati all’ultimo minuto sui social media. Ieri, i manifestanti hanno annunciato di concedere al premier Prayut tre giorni per dimettersi, durante i quali sospenderanno le proteste per dare al governo il tempo di rispondere, ma il generale ha già replicato di non avere alcuna intenzione di fare un passo indietro.
Il gruppo chiede anche il rilascio dei manifestanti arrestati, compresi diversi leader della protesta: secondo la polizia thailandese 77 persone sono state trattenute a Bangkok a seguito delle proteste, mentre gli avvocati thailandesi per i diritti civili stimano in 87 il numero di persone tratte in arresto a livello nazionale. Le accuse vanno da reati minori ad altri più gravi come la sedizione, che comporta pene fino a sette anni di carcere.
Ma la minaccia del carcere, l’arresto dei leader e il decreto d’emergenza non scoraggiano i manifestanti, che chiedono la riforma della monarchia thailandese per limitare i poteri del sovrano e renderlo responsabile di fronte alla costituzione. La vera democrazia in Thailandia non sarà possibile, dicono i manifestanti, fino a quando l’establishment al potere composto da monarchia, militari e ricche élite politiche non sarà totalmente riformato.