Un’inquietante esplosione di follia scatenata da un violento litigio domestico potrebbe essere la causa sfociata della strage che meno di una settimana fa ha spinto un tranquillo dentista a seminare panico a Portapique, altrettanto tranquilla cittadina della Cobequid Bay, in Nuova Scozia, Canada.
È una delle prime conclusioni delle indagini condotte della Royal Canadian Mounted Police per tentare di dare una risposta al motivo perché un uomo senza alcun problema apparente abbia deciso di aprire il fuoco contro chiunque gli si parasse davanti, lasciando dietro di sé un’impressionante scia di sangue di 22 vittime.
La timeline della polizia, lunga 12 ore, inizia nella tranquilla comunità di Portapique, quando Gabriel Wortman, 51 anni, dentista, ha tentato di aggredire la sua convivente. La donna è riuscita a fuggire nascondendosi nel fitto della vegetazione di un bosco dopo l’aggressione “che molto probabilmente ha fatto da detonatore del massacro”, ha riferito il capo della polizia locale ai giornalisti. Ma al momento gli investigatori non escludono la “possibilità di qualsiasi premeditazione”.
La donna, che si sta ancora riprendendo dalle ferite, è emersa dal bosco diverse ore, e ha immediatamente fornito alla polizia informazioni chiave sull’uomo armato. Il killer, Gabriel Wortman, ha costretto la polizia ad una caccia all’uomo lunga chilometri attraverso la provincia canadese. È morto al termine di un violento scontro a fuoco con la polizia: indossava un’uniforme della RCMP e guidava quella che sembrava essere una volante della polizia.
La sua convivente, che continua a collaborare alle indagini, ha riferito che fin dalle prime ore del mattino di domenica scorsa Wortman era armato, con diverse armi e munizioni. Gli agenti che hanno risposto alle prime chiamate si sono imbattuti nei corpi di 13 vittime a Portapique: alcune abitazioni, comprese le proprietà dell’uomo, erano state date alle fiamme.
Nella sua fuga, Wortman ha sparato ad almeno due vittime dopo aver accostato le loro auto. Inizialmente, la polizia era convinta che le uccisioni fossero confinate nella zona e ha ordinato posti di blocco per circoscrivere l’area. Ma la furia si era ormai estesa su altri 16 punti diversi, con l’uomo in fuga che continuava a seminare morti lungo tutta la provincia. Tra le vittime anche l’agente della polizia canadese Heidi Stevenson, il cui veicolo è stato coinvolto in uno scontro frontale con l’auto del killer: il sospetto ha sparato all’agente, poi ha preso la sua pistola e le munizioni con cui ha freddato un passante, quindi ha dato fuoco all’auto della polizia e alla sua.
Wortman conosceva alcune delle sue vittime, ma per molte altre ha aperto il fuoco a caso: “Grazie alle indicazioni della sua convivente, abbiamo identificato membri della famiglia che potevano essere potenzialmente a rischio, e abbiamo tentato di metterci in contatto con loro per avvisarli del pericolo”.
Secondo i familiari e gli amici delle vittime, se la polizia avesse esteso a tutta la comunità lo stato di allarme e pericolo si sarebbero potute evitare diverse morti, e il dipartimento la polizia ha ammesso di non aver avvisato tempestivamente la comunità: “Hanno tutto il diritto di fare queste domande e hanno tutto il diritto di essere arrabbiati”. Pare che il processo per dichiarare lo stato di allarme sia stato regolarmente avviato, ma ci sono volute diverse ore per risalire la catena di comando, e quasi tre ore dopo le prime morti, nessuno sapeva ancora nulla.
“Non avrei lasciato uscire mia moglie, se avessi sentito del pericolo”, ha commentato Nick Beaton, la cui moglie, Kristen, è stata uccisa dal killer. Il primo ministro Justin Trudeau ha annunciato un’indagine interna.
La RCMP ha confermato che l’uomo ha agito da solo: non aveva la licenza per possedere o utilizzare armi da fuoco, ma in casa conservava un vero arsenale. Anche di questo, qualcuno dovrà rispondere.