Reportage
di Germano Longo
Circa 357 milioni di armi su 320 milioni di abitanti. Sono i dati diffusi dal "Congressional Research Service", utilizzati dall'ex presidente Obama nel suo "Executive Action", il decreto che conteneva misure restrittive sul possesso di armi da fuoco. Una battaglia persa ancora prima di iniziare, minata come sempre dalla potentissima lobby del "National Rifle Association", pronta a rimandare al mittente ogni tentativo di limitare i grilletti in circolazione appellandosi al secondo emendamento, che nero su bianco ammette il possesso di armi per garantire la sicurezza in uno stato libero. E a nulla serve ricordare che quand'è stato scritto, nel dicembre del 1791, le cose erano leggermente diverse, e difendere casa e famiglia era una necessità. Ma per 40 stati su 50, nulla è cambiato: grazie a loro, gli Stati Uniti restano saldamente al comando nella classifica sull'uso delle armi, seguiti dallo Yemen. Non male, se si pensa che nel paese arabo è in atto da anni una sanguinosa guerra civile.
Inutile, o superfluo, ricordare anche le stragi improvvisa che ogni tanto spuntano nelle cronache, che nulla sono rispetto agli incidenti causati da armi da fuoco: 316 mila morti fra il 2004 ed il 2013, contro 36 vittime accertate per terrorismo sul suolo americano. Più o meno 30.000 persone ogni anno, 30 al giorno: grosso modo come il Congo. Per andare ancora di più nello specifico, nel solo 2015, 756 minori ci hanno lasciato la pelle: di questi, 19 erano bambini che si sono uccisi in modo involontario. Su tutti, resta emblematico il caso di Jamie Gilt, fervida attivista in favore del possesso di armi, che nel marzo del 2016 ha provato di persona gli effetti delle sue battaglie: suo figlio, un bimbetto di quattro anni appena, non solo ha trovato facilmente in casa una pistola, ma ha premuto il grilletto contro sua madre prima che questa riuscisse a levargliela.
Effetti collaterali inevitabili che fanno parte di una vera e propria cultura delle armi fortemente radicata, accompagnata dalla salda convinzione che Dio protegge, ma una Colt fa ancora di meglio. Nel 2012, alla domanda sul motivo principale per l'acquisto di un'arma, il 67% degli intervistati rispondeva per la criminalità crescente, i restanti si dividevano fra poligoni di tiro e battute di caccia. Nel 2013, il sito Atlantic Online si è spinto oltre, paragonando il numero di morti di ogni grande metropoli americana a posti ritenuti pericolosi: Atlanta non ha nulla da invidiare all'intero Sud Africa, Detroit è come El Salvador, Phoenix è uguale al Messico, Baltimora al Guatemala, Miami all'intera Colombia.
Va detto: anche i supermercati per famiglie, dove il 3x2 non manca e la fiera del bianco neanche, hanno il loro bravo angolino dedicato alle armi. Si trova di tutto, dai fucili alle pistole, dai coltelloni alla Rambo alle balestre, comprese frecce, cartucce, mirini e kit per la pulizia. E per chi non sa esattamente come muoversi niente paura: decine e decine di pubblicazioni sono pronte a spiegare ogni cosa nel dettaglio. Le nuove armi sono testate e consigliate, esattamente come si fa per un'auto. Per fare un esempio, sulla copertina dell'ultimo numero di "Personal & Home Defense", una coppia imbraccia i fucili mentre un bimbo, in mezzo a loro, si tappa le orecchie. Il titolo è quanto mai chiaro: "Don't be a victim. Get trained and armed". Al cambio attuale "Non essere la prossima vittima, allenati e armati".