L’insofferenza dei padri che si trasforma in omicidio. O bambini che diventano strumenti di vendetta contro la madre, o il padre. E dunque uccisi. O ancora uccisi per cancellare per sempre famiglie considerate infelici o per “proteggere” le vittime dai mali del mondo, seguite in genere dai suicidi degli assassini per caso. Elencare tutti casi che hanno macchiato le cronache negli ultimi anni sarebbe impossibile.
Da qualche tempo, anche in Europa, sono in drammatico aumento i casi in cui i genitori - spesso i padri ma anche madri - non riescono a gestire i rapporti con i bambini, talvolta figli della compagna, e li uccidono o li riducono in fin di vita per le botte. Le giustificazioni sono più o meno sempre simili. In Gran Bretagna, un trentenne, esasperato dal pianto di un bambino di 3 anni mentre viaggiava in auto con la madre, ha di colpo spostato all’indietro il sedile anteriore stritolando il piccolo, morto sul colpo. E proprio ieri nel milanese un Rom croato, mentre lo stavano arrestando ha raccontato: "Non riuscivo a dormire, mi sono alzato dal letto e l'ho picchiato". Aliza Hrustic (nella foto in apertura), 25 anni ha così ammesso di aver ucciso il proprio bambino di 2 anni nel suo appartamento in via Ricciarelli 22, nella periferia ovest di Milano. Hrustic, nato a Firenze ma di origini croate, è stato fermato questo pomeriggio con l'accusa di omicidio volontario aggravato dal maltrattamento e dalla minore età della vittima, il terzo figlio che aveva avuto da sua moglie Silvija Z., una croata di 22 anni che è anche incinta. Hrustic con le due figlie che hanno 3 e poco più di un anno ha cercato di nascondersi in casa di amico dove è stato arrestato.
E dopo 13 anni è rimasto senza colpevoli, dopo anni di processi e di perizie, la morte della piccola Matilda, uccisa a soli 23 mesi a Roasio (Vercelli) con un violento colpo alla schiena. Anche lei piangeva. In casa erano in due: la madre e il suo compagno. Si sono rimbalzati la responsabilità a vicenda, ma alla fine, nessun colpevole. E il 18 aprile Il piccolo Antonio Gabriel Faroleto è morto perché la madre e il suo amante si erano appartati in auto e lui li disturbava con il suo pianto. Voleva tornare a casa dalla nonna. La madre, la 28enne Donatella Di Bona si è trasformata in un’assassina. Gli ha chiuso la bocca e stretto il collo fino a soffocarlo.
A Cardito, Napoli, Tony Sessoubti Badre, 24 anni, ha ucciso a bastonate Giuseppe, 7 anni, figlio della sua compagna trentenne, poiché giocava “troppo rumorosamente”. Aveva massacrato di botte anche la sorellina di Giuseppe. Per colpirlo ha usato una scopa. Ha confessato. A novembre Gianfranco Zani, artigiano di 53 anni, ha appiccato il rogo che ha ucciso il figlio 11enne nella loro casa di Sabbioneta (Mantova). Una tragedia avvenuta dopo un'escalation di violenze finite nelle denunce senza esito della moglie Silvia Fojticova: "Ho fatto di tutto per difendere i miei figli, ma non mi hanno aiutato", ha raccontato la madre, distrutta dal dolore.
Ed è agghiacciante la fine di Mertcan, 6 anni, un bimbo turco picchiato dal padre con il tubo dell'aspirapolvere perché non aveva fatto i compiti. E l’elenco potrebbe continuare ancora. Ma servirebbe a poco. Le statistiche dimostrano che l’aumento dei delitti in famiglia sono in continuo aumento. Un altro segno dei tempi.