Non è un segreto per nessuno, che Donald Trump non sia mai stato un grande fan dell’Unione Europea. Nei suoi primi quattro anni alla Casa Bianca, il presidente americano ha spinto pubblicamente per la Brexit sostenendo che il blocco di Bruxelles sia stato creato ad arte per “approfittare degli Stati Uniti”.
E non è una grande sorpresa che molti dei suoi ambasciatori nei Paesi UE abbiano mostrato atteggiamenti non esattamente consoni alle missioni diplomatiche. All’inizio di questa settimana è emerso che Pete Hoekstra, ambasciatore americano in Olanda, ha ospitato presso la sua ambasciata un evento organizzato da “FvD”, un partito di estrema destra, anti-immigrazione e anti-UE che sta pericolosamente guadagnando popolarità nei Paesi Bassi. La rivista olandese “De Groene Amsterdammer”, che per prima ha riferito dell’evento, lo ha descritto come una raccolta di fondi per il partito.
Un portavoce del Dipartimento di Stato americano ha dichiarato alla CNN che si trattava di un “dibattito con una sessione di domande e risposte”, aggiungendo che nel corso della sua permanenza in Olanda, Hoekstra ha ospitato “15 diversi incontri con otto partiti politici”.
Ma non tutti sono d’accordo. “Ospitare un evento di un politico, che sia di raccolta fondi o meno, può essere interpretato come un sostegno politico da parte degli Stati Uniti. Come prassi, la diplomazia riguarda le interazioni da governo a governo, e non la promozione di particolari visioni politiche”, commenta Marietje Schaake, ex deputata olandese e direttrice delle politiche internazionali presso lo “Stanford Cyber Policy Center”. “L’amministrazione Trump ha dimostrato più volte che i suoi alleati preferiti sono gli euroscettici come Nigel Farage e FvD, e non i governi in carica”.
Il caso olandese è solo uno dei numerosi ambasciatori nominati in Europa da Trump che sembrano al lavoro per erodere gli storici legami transatlantici e facendo infuriare i loro ospiti perché “più impegnati a rappresentare gli interessi personali di Trump nel Vecchio Continente”.
“L’Europa è stata tradizionalmente un luogo in cui gli ambasciatori si limitavano a rappresentare il governo degli Stati Uniti - ha aggiunto Tyson Barker, ex funzionario del Dipartimento di Stato americano del Bureau of European and Eurasian Affairs – ciò a cui abbiamo assistito dal 2016 è l’avvento di persone impegnate a fare tutt’altro”.
In questo elenco rientra anche Woody Johnson, ambasciatore nel Regno Unito finito sotto inchiesta dopo le accuse di aver usato la sua posizione per fare pressione sul torneo di golf “British Open” che si terrà su uno dei campi di Trump. Interrogato, Johnson non ha negato nulla, definendo “l’onore di una vita” servire il suo Presidente come ambasciatore. Johnson è stato anche apertamente schierato in favore della Brexit, suggerendo che rappresentava un’opportunità unica per avvicinare il Regno Unito e gli Stati Uniti.
Un atteggiamento notato anche in Germania, dove l’ex ambasciatore Richard Grenell si è insinuato in un territorio che i diplomatici tradizionalmente evitano: “Le aziende tedesche che fanno affari in Iran dovrebbero interrompere immediatamente ogni rapporto”, ha tuonato fin dal giorno del suo insediamento, facendo scattare la reazione stizzita di Berlino.
La linea dura di Trump contro l’Iran è particolarmente difficile da inghiottire per la UE, poiché l’accordo nucleare da cui Trump si è ritirato è stato raggiunto sotto l’egida di Bruxelles, di cui rappresenta forse la vittoria più significativa nello scacchiere geopolitico.
Sotto la presidenza di Trump, gli Stati Uniti hanno anche rafforzato le relazioni con i Paesi dell’Unione Europea che sono generalmente considerati Stati difficili e intransigenti, fomentando l’unità del blocco. In particolare, Trump ha elogiato il premier ungherese Viktor Orban, per il quale ha avuto parole di elogio: “Ha fatto un lavoro straordinario ed è molto rispettato in tutta Europa. Probabilmente, come me, è un po’ controverso, ma va bene così”. Orban ha passato l’ultimo decennio ad attaccare i tribunali, le istituzioni accademiche, la banca centrale e la stampa del suo Paese, scatenando un’indagine della UE che potrebbero portare alla rimozione di alcuni dei suoi diritti europei.
“Sono rimaste in piedi delle relazioni fra UE e USA? La linea politica ufficiale è che qualunque siano le differenze, ce ne sono molte altre che ci uniscono. Ma se si osserva bene la situazione attuale, ci sono solo divisioni - ha commentato un alto funzionario di Bruxelles - sotto Trump, l’America non ha mai perso occasione di tentare di indebolire la UE. Agisce in modo radicale in aree di interesse comune senza consultarci, come ad esempio sull’Iran, o ancora spostando l’ambasciata americana a Gerusalemme. C’è la sensazione crescente che non sia più possibile fare affidamento sugli Stati Uniti come prima ed è in corso un dibattito interno sulla possibilità di collaborare ancora con gli Stati Uniti anche se vincesse Biden, perché sono diventati troppo inaffidabili”.
Secondo diversi diplomatici europei, il declino delle relazioni era iniziato ancor prima dell’arrivo di Trump: “Molti dei politici più giovani di Washington hanno una visione della politica estera modellata dall’11 settembre e dalla guerra al terrorismo, e non della seconda guerra mondiale. Non si preoccupano più della Germania o dell’Europa”.
E questa nuova visione degli Stati Uniti ha cambiato il tipo di rapporto che gli europei si aspettano dal partenariato transatlantico: “La transizione da Bush a Obama e poi a Trump ha consolidato la visione europea che l’America può cambiare equilibrio ogni otto anni”. Le menti più calme di Bruxelles stanno già cercando di reagire al problema: “Dal momento in cui abbiamo saputo che Trump sarebbe diventato presidente, abbiamo iniziato a vederla come un’opportunità per essere più indipendenti in alcuni settori come la difesa e la geopolitica. Si può notare come stiamo adottando un approccio diverso nei confronti di Cina, Russia e Iran rispetto agli Stati Uniti”.
Niente di tutto questo porta all’affermazione che la UE stia cercando di allontanarsi dagli Stati Uniti, ma molti ritengono che questo sia un’ottima occasione per l’Europa per iniziare a pensare di più a se stessa e al suo posto nel mondo.
“Speriamo che il rapporto possa essere riparato, naturalmente. Le relazioni transatlantiche sono solide, ma la capacità delle due parti di lavorare insieme, sia a livello bilaterale che come fronte unito sulla scena globale, è stata compromessa dall’amministrazione Trump”, commentano da Bruxelles.
Per un continente che per decenni ha fatto affidamento sul fratello maggiore mentre si riprendeva da alcune delle guerre più sanguinose della storia, è una nuova realtà allarmante: è svegliarsi e capire di essere soli.