Tanti “Se” infiammano la politica americana ad una manciata di mesi dalla nuova tornata elettorale. “Se” Trump ha realmente fatto pressioni sull’Ucraina chiedendo di indagare su Hunter, il figlio di Joe Biden, il suo potenziale avversario dem alle elezioni? E “Se” per farlo avesse usato come moneta di scambio la promessa di un pacchetto di 250 milioni di dollari di aiuti militari statunitensi?
L’ultimo “Se” è lo scenario peggiore: secondo i sostenitori del presidente non esistono prove, ma “se” fosse confermato che Trump ha usato il proprio potere per influenzare le elezioni statunitensi attraverso un leader straniero, la situazione potrebbe precipitare nella peggiore crisi di una presidenza che sarà ricordata a lungo.
Si creerebbe l’inquietante fotografia della squadra di Trump, che secondo il rapporto Mueller avrebbe beneficiato dell’ingerenza elettorale russa nel 2016, al lavoro per rifare la stessa cosa con quelle del 2020.
Una possibilità che è suonata come un campanello d’allarme per i Dem, che sembrano sempre più avviarsi sulla pericolosa strada della richiesta di impeachment. A confermare quella che sembra una scelta ormai obbligata è stato un eufemismo del presidente della House Intelligence Committee Adam Schiff: “La storia della presidenza di Trump potrebbe aver attraversato il Rubicone”. Posizione confermata anche dalla Presidente della Camera Nancy Pelosi, finora restia a seguire la strada dell’impeachment, ma convinta che “”gli eventi potrebbero richiedere una nuova fase di indagine dagli esisti inquietanti”.
Per la legge, i presidenti sono chiamati ad anteporre i loro interessi personali a quello nazionale, evitando di usare il proprio potere per vendette politiche o per sovvertire i principi della democrazia statunitense. La storia dell’Ucraina è significativa perché potenzialmente potrebbe sfociare in un territorio costituzionale gravissimo di abuso del potere presidenziale.
Ovviamente, Trump e la sua squadra governativa si oppongono con forza all’idea di rendere pubbliche le trascrizioni delle sue conversazioni con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Lo fanno usando il consueto copione che parla di cospirazioni e fake news. Trump insiste, assicurando che non c’è “assolutamente nulla di sbagliato” nella chiamata con il presidente ucraino. Ma come osservano gli analisti politici, dà spesso l’impressione di essere convinto che su di lui non esistano norme sui limiti di potere. Nel luglio scorso, commettendo un errore grossolano, aveva dichiarato che l’articolo 2 della Costituzione “mi permette di fare quello che voglio”.
Eppure, finora, nulla è riuscito a farlo cadere, neanche il Russiagate, il comportamento offensivo nei confronti del defunto senatore John McCain e i pagamenti alle donne che sostengono di aver avuto rapporti con lui.
Per reagire, i luogotenenti di Trump hanno dato vita all’offensiva partecipando a diversi talk show. Il segretario di Stato Mike Pompeo ha rincarato la dose verso Biden: “Penso sia necessario andare a fondo della questione, e capire se realmente il Vice Presidente Biden abbia protetto il figlio comportandosi in modo inappropriato”.
Biden, nel frattempo, ha trascorso il fine settimana cercando di trasformare lo scandalo in un vantaggio: “Trump sta facendo tutto questo perché sa che lo batterò come un tamburo: sta usando l’abuso di potere per fermarmi, ma non ci riuscirà”.