È già successo che chef di fama abbiano rifiutato la stella Michelin: il casi più eclatanti della grande rinuncia restano quelli di Marco Pierre White, che nel 1999 di stelle ne ha rimandate al mittente addirittura tre, seguito da Gualtiero Marchesi nel 2008, che ha scelto di fare lo stesso con le due che la celebre guida rossa gli aveva assegnato. I motivi di volta in volta sono diversi, e tutti validi: da chi sa che la stella significa essere costretti ad aumentare i prezzi, con il rischio di guadagnare in fama ma perdere clientela, a chi invece ci ha provato, ma la stella richiede un impegno così stressante da trasformarsi in un incubo che in alcuni casi ha addirittura portato al suicidio a chi, infine, non ha alcuna intenzione di cambiare menù solo per accontentare gli ispettori della guida: anni fa, uno chef aveva dichiarato che voleva sentirsi libero di inserire pollo arrosto con le patate, se gli girava così.
Al lungo elenco si aggiunge adesso anche del coreano Eo Yun-gwon, ex chef del “Four Season” di Milano, tornato in patria per aprire “Eo”, un ristorante di cucina italiana contemporanea che spopola a Seul. Da tempo, la guida Michelin corteggiava lo chef coreano, inserito per la prima volta nel 2016 e capace di conquistare la prima stella l’anno successivo, confermata anche quello dopo. La battaglia inizia proprio nel 2017, quando Eo Yun-gwon rifiuta la stella accompagnando la scelta con una motivazione che non fa una piega: “Molti chef sprecano soldi, anima e tempo per inseguire il miraggio di una stella, ma la Guida è accecata dal denaro e manca di una filosofia”.
Nell’edizione 2019 la stella dell’Eo sparisce di colpo, ma il timore di rientrarci ha fatto saltare i nervi allo chef, così deciso ad uscire per sempre dall’elenco degli stellati da iniziare una lunga battaglia legale che si appella ad una legge coreana sulla diffamazione e i pubblici insulti: “Ho chiesto chiaramente di non esserci, ma loro insistono: contesto l’inserimento forzoso di locali contro la loro stessa volontà”.