Il “Programma Apollo”, quello che portò al leggendario sbarco del primo uomo sulla Luna, era stato concepito dalla “Nasa” durante la presidenza Eisenhower, anche se sarebbe iniziato soltanto nell’era Kennedy. In totale, fra il 1961 ed il 1975, Sotto il nome di “Apollo” furono 11 i voli con esseri umani a bordo, tutti lanciati dalla rampa 39A del “JFK Space Center” di Cape Canaveral, in Florida.
Nei loro viaggi A/R verso la Luna, gli astronauti portarono sulla Terra 381,7 kg di campioni lunari, molti dei quali conservati al “Lunar Receiving Laboratory” di Houston. Si tratta di reperti importantissimi, attraverso cui gli scienziati sono riusciti a stabilire una datazione addirittura antecedente alla Terra, in periodo addirittura antecedente allo sviluppo del Sistema Solare.
Ma la parte più curiosa, è che oltre mezzo secolo dopo, si scopre che la “Nasa” aveva nascosto tre sacchettini sigillati con cura contenenti rocce, sabbia e campioni di terriccio lunare. Un po’ come succede nei film dalla trama robusta, qualcuno più lungimirante degli altri dell’ente spaziale americano aveva previsto l’enorme sviluppo tecnologico attuale, preferendo conservare intatti quei reperti per chi sarebbe arrivato dopo. Una sorta di capsula del tempo, conservata con ogni riguardo a temperature controllate, da consegnare direttamente agli scienziati del futuro.
Così è stato. I tre sacchetti stanno per essere aperti e assegnati a team di ricerca dotati delle più moderne e sofisticate attrezzature tecnologiche, che li analizzeranno dando risposte che mezzo secolo fa non erano possibili. “La tecnologia disponibile negli anni ’60 e ’70 non era paragonabile a quello che possiamo fare oggi”, ha commentato Jessica Barnes, astronomo dell’Università dell’Arizona che farà parte dei team di analisi.
L’attesa è grande, perché i frammenti di rocce lunari potrebbero svelare segreti sul sistema solare e fornire indicazioni utilissime per le missioni spaziali future.