di Marco Belletti
La nostra Terra non sarà mai colpita da un asteroide al gusto di panettone e di certo non sarà possibile che le astronavi che invieremo nello spazio finiscano un giorno avviluppate in un enorme ammasso di zucchero filante, anche se - a sentire la NASA - l’universo potrebbe essere dolce e non soltanto un vuoto, buio, freddo e immenso simulacro che contiene tutto il cosmo. In pratica, esiste zucchero nello spazio.
Ad affermarlo è Scott Sandford, senior scientist all’Ames Astrochemistry Lab, che insieme con il suo team dell’Agenzia spaziale americana ha ricreato, in una speciale capsula, le condizioni dello spazio interstellare con il risultato di ottenere deossiribosio, un monosaccaride alla base della molecola del DNA.
“Per oltre vent’anni - spiega Sandford - ci siamo domandati se e come la chimica che governa lo spazio avrebbe potuto costruire composti essenziali alla vita. Siccome l’universo ha tanto tempo a disposizione, il risultato che ne deriva è molto materiale organico, utile alla vita”.
E così all’interno di un idoneo contenitore, gli scienziati della NASA hanno ricreato il vuoto e, per così dire, “cucinato” i principali ingredienti che si trovano nello spazio, come acqua e metanolo (un composto organico di idrogeno e carbonio) che combinandosi insieme e colpiti entrambi da raggi ultravioletti hanno dato vita a nuove molecole.
Come per tutte le ricette che si rispettino, una volta individuata la procedura e le quantità di prodotti da mescolare sembra tutto molto facile, il vero problema è non sbagliare dosi e tempi.
Il team dell’Agenzia spaziale ha portato la capsula sotto vuoto a una temperatura molto vicina allo zero assoluto (-262° C) e ha miscelato il vapore acqueo con il metanolo, per poi irraggiare quanto creato da raggi ultravioletti, a simulare la radiazione interstellare. Ebbene, sembra difficile crederlo eppure quanto hanno ottenuto è stato zucchero.
In realtà non un unico genere di zucchero, ma diversi tipi tra cui, secondo gli scienziati, il più interessante è il 2-deossiribosio (C5H10O4) in quanto è lo zucchero che compone una parte del nostro DNA ed è alla base dell’impalcatura della sua doppia elica.
Quindi, pur non testando la possibilità di ottenere zuccheri direttamente nello spazio ma sulla Terra, gli scienziati della Nasa hanno dimostrato che nell’universo esistono condizioni affinché si formino i cosiddetti “mattoni della vita”. E anche se non abbiamo ancora avuto nessuna certezza che la vita come la intendiamo noi sia comune nell’universo, è ormai sicuro che non mancano gli elementi base per costruirla.
Elementi che, da anni, è risaputo esistano nello spazio: sostanze che sulla Terra hanno permesso lo sviluppo di molecole autoreplicanti, di cellule e proteine che hanno generato la vita. Già alcuni anni fa alcuni ricercatori francesi con un esperimento simile a quello degli scienziati NASA provarono che nello spazio è possibile che si formi uno zucchero alla base dell’RNA, l’altra molecola legata alle forme di vita: il ribosio, che svolge la stessa funzione del deossiribosio nel DNA.
Come sono giunti questi materiali fin sulla Terra? Semplice: trasportati dagli amminoacidi contenuti da meteoriti e comete. Molte sono le prove. Per esempio, sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenok la sonda spaziale Rosetta ha trovato tracce di glicina - un elemento da cui derivano gli amminoacidi che formano le proteine - e fosforo. Gli interni di alcuni meteoriti analizzati nel 2011 contenevano basi nucleiche, un altro mattoncino fondamentale del nostro materiale genetico.
Niente di più facile quindi che in tempi remotissimi qualche asteroide schiantato sul nostro pianeta trasportasse questi elementi dai quali è stato generato tutto quanto vive sulla Terra. Così come potrebbe essere capitato anche nei miliardi e miliardi di altri pianeti dell’universo su cui potrebbe avere origine la vita.