È uno di posti più inospitali al mondo: 1.600 km di nulla fra la catena delle Ande e la cordigliera della Costa, nel Cile settentrionale. Il deserto dell’Atacama è arido 50 volte più della Death Valley californiana, considerata la fornace del pianeta: lo sbalzo delle temperatura fra il giorno e la notte è impressionante, ed è così protetto da vedere la pioggia ogni 10 anni, in media.
Ma proprio in quella distesa di polvere e sassi cotti dal sole, un team di ricercatori guidato da Juan Asenjo, professore dell’Universidad de Chile, ha fatto una scoperta scientifica che potrebbe rivoluzionare le tecniche mediche per combattere malattie come il cancro e alcune fra le peggiori e pericolose infezioni del corpo umano. Un anno fa, il team è riuscito a isolare 46 molecole da batteri che sottoposti ad analisi hanno mostrato enormi capacità antibiotiche, antivirali e anticancro. Uno, in particolare, ha sorpreso gli scienziati: appartiene alla famiglie degli “actinobacteria” ed è noto per la capacità di sconfiggere i microbi più aggressivi. Fu isolato per la prima volta nel 1944 ricavandone il primo trattamento medico per la tubercolosi, riuscendo a salvare la vita a milioni di persone.
“A rendere uniche le proprietà di quei batteri – ha commentato Michael Goodfellow, microbioliogo della Newcastle University che fa parte del team di ricerca - è proprio l’ambiente inospitale del deserto, in cui l’umidità è inesistente e il continuo martellamento delle radiazioni ultraviolette ha fatto il resto. Il punto di partenza della ricerca era esattamente questo: in condizioni così estreme, gli organismi devono essersi adattati nel corso del tempo per sopravvivere”.
Ma il deserto dell’Atacama non è l’unico posto al mondo su cui la comunità scientifica ripone la speranza di poter individuare molecole utili ai farmaci del futuro, sempre più efficaci: diversi team stanno studiando i crateri vulcanici dell’Islanda e il permafrost della Siberia alla ricerca di microorganismi resi forti dalle avversità.
A suggerire l’esplorazione scientifica in luoghi all’apparenza ostili alla vita era stato il ritrovamento fatto nel 1998 da un sommergibile giapponese che nella Fossa delle Marianne, a 11mila metri di profondità, aveva localizzato dei batteri in grado di sopravvivere a pressioni immense. Nel 2009, anche una microbiologa giapponese era riuscita a individuare nei ghiacci dell’Antartide alcuni microbi sopravvissuti milioni di anni.