Di Marco Belletti
L’abitudine a ritenere che ogni cosa che ci circonda abbia un inizio e una fine è fortemente radicata in noi e ci è difficile anche solo immaginare che qualcosa possa non essere iniziato e non debba finire mai. Del resto, anche l’universo sembra sia nato 13,7 miliardi di anni fa con un bel big bang raccontato nel dettaglio da numerosi scienziati tra cui Stephen Hawking. In realtà, l’astrofisico inglese dopo aver descritto questa teoria, ha sempre cercato di evitare il concetto di nascita dell’universo, anzi durante un intervento all’università di Cambridge affermò che “il momento della creazione decreterebbe il fallimento della scienza, in quanto bisognerebbe ricorrere alla religione e a Dio”.Per spiegare come l’universo possa essere esistito da sempre, sono nate alcune teorie – compatibili con il big bang – al limite tra scienza, filosofia e fantascienza: l’inflazione eterna, l’universo ciclico e quello a uovo.
La prima teoria parte dall’idea di inflazione proposta nel 1981 da Alan Guth del MIT, il Massachusetts Institute of Technology. Nei primi centesimi di secondo dopo il big bang, l’universo sarebbe cresciuto migliaia di volte in dimensione prima di stabilizzarsi nell’attuale espansione più lenta. La speculazione di Guth ha permesso di spiegare perché le parti più lontane del cosmo – che altrimenti non sarebbero entrate in contatto – sono molto simili. Partendo da questa supposizione, l’inflazione eterna prevede che l’universo continui a crescere a quel ritmo forsennato in un multiverso in perenne espansione, dando vita a universi più piccoli (definiti a bolla) che attraversano un periodo iniziale di inflazione. Questa teoria sembrava valida sia nel tempo sia nello spazio, in quanto le bolle potrebbero formarsi sia nel passato sia nel futuro, ma a una più attenta analisi (dello stesso Guth con Alexander Vilenkin della Tufts University di Boston) di verifica dell’inflazione eterna con la costante di Hubble – che descrive l’espansione dell’universo in termini matematici – è emerso che non sarebbe possibile costruire uno spazio-tempo con queste caratteristiche perché secondo Vilenkin la costante impedirebbe l’inflazione in entrambe le direzioni temporali.
La seconda possibilità che potrebbe giustificare un cosmo sempre esistito è quella dell’universo ciclico in cui il big bang non è l’inizio ma una sorta di “risveglio” dopo il collasso di un universo precedente. In pratica il nostro ciclo sarebbe stato preceduto da una serie infinita di collassi e big bang e sarebbe seguito da altrettanti di questi cicli. Anche in questo caso Vilenkin ha sollevato dei dubbi: secondo il cosmologo con il trascorrere del tempo il disordine aumenta e siccome sono già esistiti un numero infinito di cicli, l’universo in cui viviamo dovrebbe trovarsi in uno stato di totale caos. Il che significa senza pianeti, stelle o buchi neri, molto diverso da quello che abitiamo.
Una terza teoria per giustificare un universo eterno parla di una sorta di uovo cosmico da sempre esistito che si rompe dando vita al nostro universo. Ma Vilenkin è inflessibile anche in questo caso, affermando che le instabilità quantistiche costringerebbero l’uovo a collassare dopo un tempo limitato, non permettendo quindi di ipotizzare che sia eterno.
Quindi, sembrerebbe proprio che l’universo sia “nato” in un qualche momento e quindi dovrebbe anche “morire” in qualche altro momento…
Una prima teoria sulla fine dell’universo è il “big rip” (grande strappo) secondo la quale le stelle moriranno una a una e alla fine resteranno pochi astri isolati che esauriranno l’energia trasformandosi in buchi neri. Ma alla fine anche questo universo di buchi neri collasserà e tutta la materia si ridurrà ai suoi elementi base, gli atomi si disgregheranno e anche i protoni decadranno. In pratica, rimarrà il nulla, qualsiasi cosa significhi questo termine.
Invece, il big freeze (grande congelamento) prevede che l’universo in continua espansione a un certo punto diventi troppo freddo per permettere la vita: questa teoria è sostenuta dalla maggioranza di fisici e cosmologi. Dapprima si raffredderanno le stelle, i pianeti si allontaneranno dalle loro orbite, le galassie si disgregheranno, i protoni decadranno e a quel punto evaporeranno anche i buchi neri: in questo modo tutta la materia sarà diventata un liquido alla temperatura dello zero assoluto. E alla fine materia ed energia si dissolveranno e solo i fotoni probabilmente continueranno a esistere, senza gravità. Tutto ciò dovrebbe accadere tra un numero di anni pari a un 1 seguito da 76 zeri, una cifra neppure lontanamente comprensibile dal nostro cervello. I numerosi scienziati (tra cui che lo scopritore dell’energia oscura Alexei Filippenko) che accettano questo modello – basato sulla costante di Hubble – sostengono che il tempo si fermerà e si annulleranno dimensioni e distanze.
Un’ultima teoria del nome forse poco serio (big crunch, grande sgranocchiata) suppone che la densità media dell’universo dovrebbe essere sufficiente a fermare l’espansione e a iniziare una contrazione cosmica. Tra chi crede in questa teoria c’è il fisico Andrej Linde: afferma che tutta la materia e lo spazio-tempo dell’universo dovrebbero collassare in un punto matematico, una singolarità gravitazionale adimensionale. Linde crede quindi in un universo oscillante, che consiste cioè in una infinita serie di universi finiti, tutti “morti” con un big crunch e “rinati” con un successivo big bang.
Comunque andrà a finire, l’umanità non deve assolutamente preoccuparsi di questi collassi cosmici, perché anche nella peggiore delle ipotesi – che prevede la fine dell’universo tra 16,7 miliardi di anni – gli ultimi eredi della nostra civiltà non saranno certamente là a guardare che cosa succederà. Si saranno estinti molto prima: se saremo bravi più o meno tra 5 miliardi di anni, quando si spegnerà il sole; molto prima se invece non saremo in grado di salvaguardare il nostro pianeta. Secondo il Breakthrough National Centre for Climate Restoration – un centro di ricerca e innovazione australiano – il cambiamento climatico è una reale minaccia a breve termine per la civiltà umana che probabilmente entro il 2050 si troverà a vivere su un pianeta inabitabile e quindi nel breve volgere di pochi mesi si estinguerà: ma questa è davvero un’altra storia.