Quando le bambole hot erano arrivate a Torino, tutto faceva pensare ad un successo e soprattutto un futuro roseo: migliaia di prenotazioni da tutt’Italia di gente che voleva provare, almeno una volta, l’ebrezza di fare sesso con una bambola. Non erano mancate nemmeno le polemiche e le proteste, e dal popolare quartiere di Mirafiori, le bambole erano state trasferite in Borgo Vittoria. Poi si erano messi di mezzo l’Asl, i Vigili Urbani e un fermo amministrativo per un locale registrato ufficialmente come “affittacamere” e in realtà un bordello, 60 anni dopo la legge Merlin.
Nel dicembre scorso la riapertura, ma non è bastato: il tecno-bordello della “LumiDolls” chiude i battenti. I motivi dell’abbandono pare siano molti, a cominciare dalle procedure di prenotazione che con un cambio di rotta erano arrivate a prevedere la registrazione online con tanto di documento. Tracce fresche che chi ama questo genere di passatempi extraconiugali, in carne o in plastica che siano, in genere preferisce evitare. Poi anche i prezzi di Kate, Ilary, Molly, Alessandro ed Eva, questi nomi delle professioniste torinesi: 80 euro per 30 minuti, 100 per un’ora, 180 per due.
L’idea della prima succursale italiana della LumiDolls era stata di un gruppo di amici, che avevano giocato il jolly della fortuna investendo sogni e risparmi in un fenomeno che da altre parti del mondo andava come il vento. La curiosità aveva fatto il resto: prenotazioni per intere settimane, e bambole costrette a straordinari di cui però, non si lamentavano mai.