Alle 4 del mattino quando Yoo Chae-rin, 16enne, si rende conto di essere attaccata ininterrottamente al suo smartphone da 13 ore. Meno di tre ore dopo, doveva essere pronta per la scuola. La liceale sudcoreana iniziava a capire di avere un problema, così ne ha parlato con i suoi genitori chiedendo di iscriverla ad un programma governativo per adolescenti dipendenti dal cellulare. “Anche quando sapevo che avrei dovuto smettere, continuavo ad andare avanti: non riuscivo a fermarmi, quasi ogni notte lo usavo fino all’alba”.
La Corea del Sud è il paese con il più alto numero di smartphone al mondo: lo scorso anno, più del 98% degli adolescenti ne ha usato uno, secondo i dati del governo, e molti giovanissimi mostrano chiari segni di dipendenza.
L’anno scorso, secondo il Ministero della Scienza e delle Tecnologie dell’Informazione e delle Comunicazioni, circa il 30% dei bambini e ragazzi sudcoreani dai 10 ai 19 anni sono stati classificati come “dipendenti” dai loro telefoni. Ciò significa che hanno subito “gravi conseguenze” a causa dell’uso massiccio dello smartphone, compresa una diminuzione delle capacità di autocontrollo.
Sono ragazzini - come Yoo - per cui nel 2007 è stato creato un programma per trattare la dipendenza. Quest’anno, il Ministero per l’uguaglianza di genere e la famiglia ha organizzato 16 campi in tutto il paese per circa 400 studenti delle scuole medie e superiori. Per alcuni genitori, si trattava dell’ultima spiaggia.
“Iscrivono i loro figli nel disperato desiderio di ottenere l’aiuto di un esperto”, ha commentato Yoo Soon-duk, direttore del Gyeonggi-do Youth Counseling & Welfare Center, che gestisce un campo per adolescenti nella provincia settentrionale di Gyeonggi.
Durante la scuola media, Yoo era stata una tranquilla studentessa, ma al liceo era affondata lentamente: rimaneva sveglia fino a tardi, passava ore su Facebook, giocava e parlava con gli amici sul servizio di messaggistica istantanea “KakaoTalk”.
“Ho capito che il mio senso della realtà stava svanendo. Anche quando avevo una giornata divertente con gli amici, mi sentivo a disagio”. Suo padre, Yoo Jae-ho, è il primo a capire che qualcosa non va e inizia a preoccuparsi: “IN famiglia non c’era più conversazione. A meno di non chiamarla sul telefono”. Partono le regole: due ore al giorno per l’uso dello smartphone, ma la ragazza trova il modo di aggirarlo, e nulla cambia.
Nel luglio scorso, Yoo Chae-rin entra nel rehab da smartphone: al cancello, ha consegnato il suo telefono per la prima volta dopo anni e ha iniziato un programma di disintossicazione articolato su 12 giorni. I campi, che possono ospitare fino a 25 ragazzi, sono gratuiti, a parte una piccola tassa di 100.000 won (meno di 80 euro) per i pasti. La cura disintossicante è semplice: i giovani ospiti vengono incoraggiati a fare giochi di società e di gruppo, a familiarizzare, a partecipare a caccie al tesoro, attività manuali ed eventi sportivi, e lentamente si riappropriano della loro età. Devono anche partecipare a sessioni obbligatorie di consulenza individuale, di gruppo e familiari per discutere l’uso del telefono. Poi, per 30 minuti prima che le luci del campo si spengano, è chiesto loro di meditare.
Molti dei campi si svolgono in centri di formazione lontani dalla città, in mezzo alla natura, per aiutare i giovani smartphone-dipendenti ad avere davanti agli occhi paesaggi diversi. Quello a cui ha partecipato Yoo era nei dintorni di Cheonan, presso il National Youth Center of Korea, dotato di piscina coperta e campo sportivo.
Il direttore del campo racconta che durante i primi due giorni, gli adolescenti hanno uno “sguardo perso”: dal terzo, inizia il cambiamento. Cominciano a divertirsi con i nuovi amici”.
La Corea del Sud non è l’unico paese in cui gli adolescenti vivono in simbiosi con i loro telefoni. Secondo un rapporto pubblicato nel 2017, il 16% dei quindicenni dei paesi OCSE ha trascorso ogni giorno più di sei ore online al di fuori dell’orario scolastico. Nei fine settimana, la percentuale saliva al 26%.
In Corea del Sud, le pressioni sociali stanno esacerbando il problema. Qui i bambini devono affrontare un pesante carico di lavoro scolastico e hanno pochi modi per rilassarsi. Nel 2015, solo il 46,3% dei quindicenni sudcoreani ha ammesso di aver praticato sport prima o dopo la scuola.
Secondo la dottoressa Lee Jae-won, psichiatra che tratta la dipendenza da smartphone, quando gli esseri umani sono costretti a massicce dosi di stress, il cervello riduce la dopamina spingendoli a cercare altre forme di soddisfazione. E visto che gli adolescenti non hanno molti altri modi per alleviare la tensione, usano i loro smartphone. “In un primo momento sembrano un conforto, e poco dopo pensano che uno smartphone sia sufficiente a renderli felici: questo li porta spesso ad abbandonare la scuola”.
Nel corso del tempo, gli smartphone-dipendenti possono diventare soggetti socialmente isolati e avvertire sintomi di astinenza, accompagnati da “sentimenti di rabbia, tensione, ansia e/o depressione. C’è un’alta probabilità che vivranno da soli dopo aver perso famiglia, lavoro e amici”.
Un mese dopo il campo, Yoo usa il telefono solo per due o tre ore al giorno: uno dei consulenti l’ha aiutata a capire perché passava così tanto tempo online. Ma Yoo non è sicura che il programma di disintossicazione funzioni per tutti: “Avevo due compagne di stanza: appena il campo è finito, una di loro non mi ha nemmeno salutato ed è corsa ad accendere il suo smartphone”.
Secondo lo psichiatra Dr. Lee Jae-won, i benefici a lungo termine del campo dipendono dalla volontà di ognuno di cambiare le abitudini. E coloro che dopo il campo non riescono a controllare la necessità di usare gli smartphone potrebbero aver bisogno di una seria assistenza psichiatrica.