Neanche il germe della protesta si salva, in questo mondo governato dagli algoritmi: l’ultimo prodotto di calcoli precisi nato scandagliando dati e archivi si chiama “Extinction Rebellion”. Per capirci, sono quelli che si sono fatti sentire in tutto il mondo ma che hanno avuto l’impatto maggiore a Londra, bloccata in modo pacifico da centinaia di attivisti sdraiati a terra in alcuni dei principali snodi cittadini. Nessuna violenza: hanno solo aspettato che la polizia li caricasse di peso per arrestarli e rilasciarli poco dopo, perché non avevano fatto niente.
“Extinction Rebellion” è un gruppo non violento ambientalista di disobbedienza totalmente apolitico, fondato nel 2018, che attraverso azioni non violente ma ad alto tasso di spettacolarizzazione tenta di mettere alle strette i governi per assumere con urgenza provvedimenti in favore del clima. Si ispira idealmente a movimenti come “Occupy”, ma anche Gandhi, le Suffragette, Martin Luther King.
Ma la curiosità è un’altra: il gruppo, che può contare anche su anziani e bambini, è stato creato Gail Bradbrook e Roger Hallam (pare dopo un paio di funghi allucinogeni in Costa Rica), due scienziati che negli ultimi tre anni hanno inserito nei loro computer i dati di tutte le proteste sociali, dal 1900 ad oggi. Per ognuno degli eventi sono stati stralciati i fattori che hanno determinato il successo o il fallimento della protesta, fino a creare “l’algoritmo della protesta”, una formula matematica perfetta messa in pratica proprio a Londra. Il calcolo, che racconta del 53% di possibilità in più di riuscita di una protesta non violenta, ha permesso di pianificare ogni cosa compresi gli oltre 1000 arresti, cifra che rappresenta un costo notevole per le casse dello stato e che obbligano le autorità a dare attenzione al movimento e alle sue richieste.