La maggior parte di noi non vivrà abbastanza per assistere all’uguaglianza di genere conquistata in tutto il mondo: è quanto racconta un nuovo studio, che sposta l’obiettivo ai prossimi 100 anni.
Lo dice l’annuale “Global Gender Gap Report” del Forum Economico Mondiale, che ha classificato l’Islanda come il paese più avanti per l’undicesimo anno consecutivo, seguita dal resto dei paesi nordici: Norvegia, Finlandia e Svezia. Al lato opposto della classifica, nei posti più in basso, Siria, Pakistan, Iraq e Yemen.
Il rapporto ha analizzato i progressi di 153 paesi verso l’uguaglianza sessuale e di genere, concentrandosi su quattro punti: partecipazione economica, risultati scolastici, salute/sopravvivenza e consapevolezza politica.
“Il documento di quest’anno evidenzia la crescente urgenza di agire: al ritmo attuale, ci vorrà quasi un secolo per raggiungere la parità, una linea temporale che non è possibile accettare in un mondo globalizzato come quello attuale, specialmente tra le generazioni più giovani che hanno una visione progressista della parità tra i sessi”.
Alcuni dei quattro punti presi in esame mostrano timidi progressi: 35 paesi hanno già raggiunto l’uguaglianza di genere nei risultati scolastici, mentre tutti gli altri prevedono di farlo entro i prossimi 12 anni. Un traguardo che è in gran parte dovuto ai recenti progressi nei paesi in via di sviluppo. Anche la salute e la sopravvivenza delle donne sta migliorando, con 48 paesi che possono dire di aver raggiunto la quasi completa uguaglianza.
Altri settori, tuttavia, richiederanno molto più tempo. La partecipazione economica e le opportunità delle donne quest’anno sono regredite: “Solo un piccolo numero di paesi si stanno avvicinando alla parità, e il mondo avrà bisogno di altri 257 anni per arrivarci. In media, poco più della metà di tutte le donne adulte sono attive nel mercato del lavoro, rispetto al 78% degli uomini”.
Anche il divario di genere nella rappresentanza politica è in ritardo - nessun paese l’ha colmato completamente - e a livello globale, si stima che sanno necessari altri 95 anni per raggiungere la parità. Calcolando insieme le quattro aree, il rapporto prevede che bisognerà aspettare ben 99,5 anni.
Le classifiche riflettono le maggiori tendenze: l’Europa occidentale ha il più piccolo divario di genere, seguita da Nord America, America Latina e Caraibi, Europa orientale e Asia centrale. Le regioni che hanno ottenuto i risultati più scarsi sono l’Asia-Pacifico, il Medio Oriente e l’Africa.
Il tasso di sviluppo di un paese non equivale necessariamente a un’alta classifica per l’uguaglianza di genere, specialmente in Asia orientale, dove il Giappone si è classificato al 144esimo posto dei 153 paesi, con la Corea del Sud a 127 e la Cina al posto 106. In Giappone le donne trascorrono al lavoro quattro volte più il tempo degli uomini: sforzi e risorse che sono distolti dalla partecipazione alla vita sociale e politica.
“In nessun paese al mondo il tempo dedicato dagli uomini al lavoro non retribuito (principalmente domestico e volontario) è uguale a quello delle donne”, dice il rapporto. Il primo ministro giapponese Shinzo Abe lavora da anni all’iniziativa “womenomics”, volta ad aumentare il numero di donne sul posto di lavoro. Negli ultimi anni, la parità tra i sessi è stata anche un argomento caldo in Corea del Sud: decine di migliaia di donne si sono unite alle proteste nel 2018 e nel 2019 contro un’ondata di casi di video illegali girati con telecamere nascoste nei bagni e negli spogliatoi. Nel frattempo, il divario economico di genere rimane particolarmente profondo nei paesi dell’Asia meridionale come l’India, che si colloca al 112esimo posto su scala globale. Solo il 25% circa delle donne indiane fa parte della forza lavoro, rispetto all’82% degli uomini, uno dei tassi più bassi del mondo. E anche quando lavorano, il loro reddito stimato è solo un quinto circa del reddito degli uomini. Ci sono anche minacce più elementari: l’India è al 150esimo posto nella categoria salute e sopravvivenza, a causa della violenza, dei matrimoni forzati e della discriminazione. Gli ultimi anni hanno visto un’escalation dei casi di stupro in corso che hanno scatenato le proteste, ma portato a ben pochi cambiamenti.