Di Marco Belletti
Gli esseri umani sono la specie più cooperativa del pianeta, facciamo tutti parte di un enorme ecosistema interconnesso. Ad affermarlo è Tom Oliver, professore di ecologia applicata all’università inglese di "Reading. In un articolo comparso sul sito “The Conversation” (che raccoglie testimonianze di esperti in ogni ambito della cultura), Oliver spiega che l’umanità ha costruito città, creato un sistema globale di trasporti, inviato migliaia di satelliti intorno al pianeta eppure può essere molto intollerante nei confronti di chi è diverso.In ognuno di noi c’è un fondo di xenofobia, di razzismo, di sessismo e bigottismo, ma per fortuna possiamo controllare e reprimere queste tendenze per il nostro benessere e per il bene della società. La maggior parte degli atteggiamenti e dei comportamenti umani ha una componente sia genetica sia ambientale o sociale, e vale anche nel caso della paura nei confronti di chi è diverso (la xenofobia) e l’intolleranza di altri punti di vista, il bigottismo e il radicalismo.
In passato poteva avere un senso la paura verso gli altri: avrebbero potuto essere violenti, rubare il cibo, infettare con nuove malattie da cui non si era immuni, oltre che “imbastardire” la specie ingravidando le donne del gruppo. Era al contrario utile fidarsi di coloro che erano simili e, nel legarsi a loro, i caratteri salienti di un gruppo avevano più possibilità di essere trasmessi alle generazioni future.
Al di là degli aspetti genetici, la cultura umana influenza fortemente atteggiamenti e comportamenti, modificando le pulsioni innate, sopprimendole o incoraggiandole ulteriormente. Se gli esseri umani tollerano e si fidano di qualcuno oppure se lo temono rifiutandolo, molto dipende dalla cultura.
Ai nostri giorni, prosegue Oliver, il rispetto e la tolleranza sono rivolti generalmente anche a chi non ci assomiglia, a chi è diverso e a coloro con cui non si ha alcuna relazione. Rafforziamo e codifichiamo questi valori e li insegniamo ai figli perché generalmente portano a una società più armoniosa e reciprocamente vantaggiosa.
È proprio questo atteggiamento che ha reso la specie umana così cooperativa, anche se in certe fasi le culture possono essere meno progressiste e quanto affermato da chi ci sta intorno influenza inconsciamente il nostro modo di pensare. Per esempio, quando siamo circondati da persone che stigmatizzano il “diverso”, ci si sente istintivamente più diffidenti e aggressivi, riemergono atteggiamenti xenofobi profondamente radicati in noi e sono per così dire inibiti i comportamenti “educati”, guidati dalla corteccia prefrontale del cervello.
Il nazismo, per esempio, ha esplicitamente promosso xenofobia e bigottismo, incoraggiando la lealtà tribale verso il proprio gruppo, e condannando (forse è meglio dire giustiziando) gli altri. In pratica, ha esaltato un nazionalismo malsano, in cui ci si identifica con la propria nazione con la totale esclusione degli altri.
Purtroppo, continua il professore di Reading, oggi la direzione presa da molti politici è la stessa. Leader come il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, quello brasiliano Jair Bolsonaro e il primo ministro indiano Narendra Modi, sono sempre più spesso al centro dell’attenzione per le loro esagerate affermazioni nazionalistiche. Nel Regno Unito Nigel Farage – padre della Brexit – ha scritto sui social media parlando di coronavirus: “Era davvero ora che lo dicessimo tutti: la Cina ha causato questo incubo. Punto”.
È evidente che quando persone di cui in un certo senso ci fidiamo (o delle quali condividiamo l’opinione) parlano con questi toni, l’opinione pubblica le segue rimodellando le proprie convinzioni anche su questioni che in altre condizioni non sarebbero neppure prese in considerazione. Tendiamo poi ad adottare una posizione comune su un argomento per segnalare che facciamo parte di un gruppo, un po’ come i tifosi di una squadra di calcio o come fanno le bande con i tatuaggi comuni. Questo tribalismo è viscerale, ma altrettanto potrebbero esserlo la compassione o il rispetto degli altri, che in certe condizioni vengono purtroppo soppressi
“Le culture sbilanciate – afferma Oliver – producono cervelli sbilanciati”. A proposito di bigottismo e xenobobia, il docente inglese afferma che le crescenti crisi ecologiche - i cambiamenti climatici, l’inquinamento, la perdita della biodiversità… - possono dare forza agli atteggiamenti più bigotti e xenofobi. Gli choc ambientali aumentano la tendenza delle società a preferire lo spirito di gruppo e tribale, e questo tipo di società ha maggiori probabilità di eleggere leader autoritari con pregiudizi nei confronti degli estranei. Comportamenti che si sono manifestati in passato in occasione di pandemie e quindi nuovamente a forte rischio, sia per il coronavirus sia per il cambiamento climatico che sta colpendo il nostro pianeta. Sono in molti a sperare che la pandemia possa portare a un mondo migliore…
La maggiore lealtà verso la “tribù locale” è un meccanismo di difesa che ha aiutato in passato a superare le difficoltà, ma non ha senso in un mondo globalizzato dove le questioni ecologiche e le economie trascendono i confini nazionali. Razionalmente, diventare xenofobi e ridurre la cooperazione con altri Paesi peggiorerà il proprio tenore di vita.
Già nel 2001 le Nazioni Unite analizzarono i vari atteggiamenti nei confronti del rispetto ambientale e uno degli scenari possibili era “un mondo regionalizzato e frammentato che si preoccupa della sicurezza e della protezione. Ogni nazione vede nella cura dei propri interessi la migliore difesa contro l’insicurezza economica. La circolazione di beni, persone e informazioni è fortemente regolata e sorvegliata”. Il passaggio successivo fu definito “mondo-fortezza” in cui l’ordine sociale è imposto attraverso un sistema autoritario di apartheid globale con élite protette e una maggioranza impoverita all’esterno.
A uno sguardo superficiale si potrebbe affermare che questi scenari sono direttamente mutuati da 1984 di George Orwell, ma in realtà basta pensare a Trump quando parla di costruire un muro lungo il confine con il Messico - tra l’altro incoraggiato dalla folla plaudente ai suoi comizi - per comprendere quanto siamo vicini al mondo-fortezza. Un mondo in cui l’intolleranza e il disprezzo per gli altri, quando ci sarà bisogno di essere uniti per fronteggiare la pandemia o il disastro ecologico, vedrà le nazioni più ricche discutere su come ridurre l’afflusso dei migranti o come negare l’aiuto a chi ha gli ospedali che esplodono di infetti.